Il Resto del Carlino
Il bicchiere del vino italiano è mezzo pieno. Un’espressione usata più volte ieri mattina a Palazzo Davia Bargellini, a Bologna, dove Nomisma (la società di studi economici fondata 30 anni fa da Romano Prodi) ha presentato ‘Wine Monitor’, il suo nuovo osservatorio sul mercato del vino. Un settore che non conosce crisi, almeno per le cantine che riescono a compensare la caduta della domanda interna con l’esportazione nei mercati mondiali. Ormai infatti una bottiglia su due uscita dalle nostre cantine prende la strada dell’estero. «L’andamento di questo settore è un esempio dell’Italia che va», ha esordito il presidente di Nomisma Pietro Modiano, prima di illustrare uno scenario macroeconomico lento a dare segni di miglioramento, nel quale l’internazionalizzazione non e però una scelta obbligata. Come ha sostenuto Fabio Piccoli: «Fattori come la piccola realtà familiare e valori legati alla storia o al territorio sono elementi strategici per l’autenticità di una produzione che deve essere valutata positivamente prima di tutto in patria», ha sostenuto l’esperto di Wine Monitor prima di snocciolare alcuni consigli pratici per approdare su mercati che richiedono capacità di adattamento alle abitudini locali. Accade in certi Paesi del Sud Est asiatico dove il vino viene imbottigliato nella plastica-Pet, o in nord Europa dove per ragioni ecologiche preferiscono il brick. «Lo scorso anno abbiamo fatto una spedizione di rossi in Cina – racconta Francesco Lambertini, titolare della cantina Bonzara e presidente regionale del Movimento turismo del vino -. Ho capito che lì si beve pochissimo vino e magari lo si usa come dono esclusivo. Noi esportiamo un 20% della produzione. Poca cosa. Siamo piccole realtà e le risorse sono poche».