Scatto d’orgoglio dei produttori italiani. Nei primi otto mesi del 2016 l’export tricolore di vino in Cina sovraperforma il mercato: oltre sei punti in più della media delle importazioni (+24,2%). La quota di mercato italiana (5,5%) rimane comunque troppo bassa per un top exporter, ancora al quinto posto tra i principali partner di Pechino. Nei primi otto mesi del 2016, la Cina ha importato vino per 1,4 miliardi, con un balzo del 24%. L’Italia è cresciuta del 30,4%, secondo i dati di Wine monitor Nomisma. “Sono i primi effetti positivi delle politiche di promozione in Cina del Governo italiano – osserva Giovanni Mantovani, dg di Veronafiere -. Il trend dell’export ci proietta, a fine anno, verso vendite record di 120 milioni. Vinitaly farà la sua parte, sia sul fronte dell’incoming che sul presidio capillare del territorio cinese, fondamentale per recuperare il gap di mercato accumulato negli anni”.
Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor di Nomisma, vede una crescita strutturale del Paese del Dragone: “Negli ultimi tre anni la Cina ha raddoppiato le importazioni di vino. L’anno scorso ha scavalcato il Canada al quarto posto della classica dei consumatori e quest’anno si avvicina alla Germania. Che molto probabilmente supererà nel 2017”. “I dati doganali sull’import è l’unico dato certo – sottolinea Marco Pizzoli, general manager di Giv Shanghai – poichè quelli sul consumo sono incomprensibili, anche per la frammentazione della distribuzione cinese. In generale però il vino in Cina è considerato un prodotto giovane e trendy ma la penetrazione è molto bassa: per i cinesi il consumatore abituale tipo è colui che beve vino due volte l’anno”. Nel Celeste impero, secondo dati Nomisma, i consumi di alcolici sono quasi monopolizzati per l’8o°i° dalla birra, seguita dal vino di uva e di riso, ciascuno con una quota del 500, e dai superalcolici per quasi tutto il resto.
Quest’anno il gruppo Giv venderà in Cina circa 1,5 milioni di bottiglie, di cui una parte sulla piattaforma online TMall di Alibaba. L’e-commerce è molto importante in Cina (ha 688 milioni di naviganti), “ma per ora – ammette il manager di Giv-i risultati sono stati inferiori alle attese, pur avendo ricevuto un riscontro del 2% sul TMall. Comunque confermo che l’anno prossimo venderemo loomila bottiglie”. Insomma il vino italiano ottiene qualche buon risultato in Cina ma è troppo poco rispetto al potenziale. “Facciamo fatica – osserva Pizzoli – oltre che per il ritardo storico anche perché dobbiamo spiegare ai cinesi i nostri 300 vitigni, mentre i francesi lavorano con una trentina. Inoltre i competitor Australia e Cile hanno vita facile grazie ai dazi zero strappati dai loro governi: Bruxelles invece spesso litiga con Pechino”.
Fonte: Sole 24 Ore