Unione italiana vini e Vinitaly: vino sul settore maggiori costi per 1,5 miliardi
L’escalation dei costi energetici e delle materie prime modifica al rialzo i listini dei vini italiani. Il prezzo medio delle etichette made in Italy, negli ultimi nove mesi, è aumentato del 6,6%: meno del tasso di inflazione e molto meno di quanto sarebbe stato necessario per compensare in toto l’escalation dei costi energetici e delle materie prime. Per coprire questa vera e propria falla che si è aperta nei conti del settore i dei vini italiani sarebbero, infatti, dovuti aumentare dell’11%. La differenza, pari a circa 600 milioni di euro, è stata assorbita dalla filiera per non perdere competitività e posizioni di mercato. È stato così quest’anno, ma non potrà continuare a essere così a lungo. Il ritocco al rialzo dei listini è infatti una leva che ha storicamente incontrato grandi resistenze nel mondo del vino italiano consapevole che una delle chiavi del proprio successo e della competitività. Ma l’escalation inflattiva ha fatto anche cadere questo tabu. È quanto è emerso dall’indagine effettuata dall’Unione italiana vini e da Vinitaly. Dall’indagine è emerso che il boom dei costi ha comportato per la filiera una bolletta di 1,5 miliardi di euro di maggiori oneri (pari a un incremento de128%). Di questi, 425 milioni dipendono dai soli fattori energetici (la cui incidenza sui costi totali è passata dal 3,5% a16%) che si aggiungono al miliardo circa determinato dai rincari delle materie prime secche (vetro, carta, cartone e alluminio). Un impatto pesante per un settore finora in salute, ma che per effetto di questi incrementi rischia una crisi nei consumi sia in Italia che sui mercati internazionali.
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Fonte: Il Sole 24 Ore