La Repubblica
Più qualità, meno burocrazia. È uno slogan che vale per tutto il Paese, ma si comincia dal vino, centravanti di spinta del made in Italy con i suoi 4,5 miliardi di euro di export e il primato mondiale in termini di produzione. Le aziende che tirano la volata al settore si sentono penalizzate dal mare di controlli ripetitivi: 11 enti che si alternano negli uffici, costringendo a ripetere le stesse trafile per 11 volte, contro i 3 istituti che riescono a garantire il mercato francese, ancora primo in termini di fatturato. «Il vino è il nostro punto di forza, l’elemento che unisce la terra e il cielo», racconta Oscar Farinetti, patron di Eataly, l’organizzatore del convegno a Roma che oggi renderà visibile la protesta dei principali 250 marchi del vino italiano, rappresentati da Angelo Gaja. «Abbiamo avuto una progressione straordinaria, grande rimonta rispetto ai francesi. Ma adesso si apre l’altra partita: quella per il mercato dei nuovi consumatori in Cina e in India. Noi, in un mercato molto competitivo, dobbiamo vendere non solo la qualità ma la percezione della qualità ed è difficile vincere se sulle spalle siamo costretti a portare uno zaino pieno di inutili scartoffie».