C’era chi trasformava l`acqua in vino senza compiere miracoli, ma semplicemente aggiungendovi coloranti, sostanze chimiche ed additivi vietati perché pericolosi per la salute dell`uomo. E chi, invece, addirittura, riusciva a decuplicare la produzione della sua azienda vinicola miscelando al mosto, saccarosio di barbabietola o di canna disciolto in acqua. Così, dicono i tecnici, si attiva la fermentazione alcolica pur in assenza degli zuccheri dell`uva, aumentandone i volumi e, di conseguenza, il prodotto finale. Milioni di litri di vino «fantasma», realizzato a basso costo, che veniva venduto a grandi aziende per l`imbottigliamento e la vendita – in Italia e all`estero – come vino «biologico», Doc, Dop o Igt. Il tutto a scapito dei consumatori, dei produttori onesti e del mercato enologico na- zionale.
«Ghost Wine» è il nome del blitz con cui i carabinieri del Nas di Lecce e gli ispettori dell`Icqrf di Roma (che fa capo al Ministero delle Politiche agricole e alimentari) hanno smantellato tre distinte associazioni per delinquere, attive nella provincia di Lecce, che potevano tutte contare sull`aiuto di un dipendente infedele dell`Icqrf di Lecce – l`ispettore Antonio Domenico Barletta – che alla vigilia dei controlli avvertiva le aziende interessate, vanificando così gli accertamenti dei colleghi. L`indagine è stata coordinata dal pubblico ministero Donatina Buffelli (le ordinanze sono state emesse dal gip Michele Toriello) ed ha coinvolto complessivamente 41 persone, residenti tra la Puglia e la Campania. Undici gli arresti, di cui cinque ai domiciliari, quattro le aziende vinicole sottoposte a se- questro preventivo, per un valore di oltre 150 milioni di euro: la «Agrisalento srl» e la «Enosystems srl» di Copertino; la «C.C.I.B. Food Industry srl» di Roma, con sede a Lequile, la «Megale Hellas srl» di San Pietro Vernotico nonché altri due stabilimenti di quest`ultima.
In carcere, oltre al funzionario, il produttore Antonello Calò e gli imprenditori vitivinicoli Vincenzo Laera, Rocco Antonio Chetta, Luigi Ricco e Giuseppe Caragnulo Sequestrati anche 3o milioni di litri. I «vini fantasma» erano ben fatti. Privi d`uva, ma realizzati a regola d`arte a tal punto da ingannare anche i controlli elettronici. Si presentavano come un prodotto di qualità, vantando sulle loro etichette denominazioni quali – ad esempio – Copertino DOP, Primitivo di Manduria DOP, Salice Salentino DOP, IGP Salento, IGP Puglia e persino Riserva – ma erano
potenzialmente dannosi perché prodotti sinteticamente, talvolta resi bevibili nonostante stessero per divenire aceto, mediante l`aggiunta di sostanze per uso agricolo come íl solfato di rame e l`urea. I tre gruppi avrebbero gestito l`intera filiera produttiva, dall`acquisto delle materie prime, alla sofisticazione del vino fino alla sua commercializzazione, per un giro d`affari di centinaia di milioni di euro.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno