In Sicilia dal 2017, si combatte una guerra giudiziaria sul Nero d’Avola e sul Grillo. O meglio, sulla possibilità di menzionare in etichetta queste due varietà di vitigno anche per i vini che non beneficiano della DOP. Nel 2016, infatti, i disciplinari di produzione dei vini IGP siciliani sono stati modificati; in essi è stato inserito un esplicito divieto alla comunicazione dei due vitigni sulle bottiglie, possibilità che viene così riservata ai soli vini DOP.
Di recente, però, una sentenza del Tar Lazio ha aggiunto nuove tessere al puzzle: il 6 novembre scorso, i giudici amministrativi hanno annullato, su domanda dell’azienda Duca di Salaparuta spa, le modifiche ai disciplinari di produzione; l’imbottigliatore siciliano (controllato dal gruppo Ilva di Saronno) ha in faretra i marchi Corvo e Florio. Secondo il Tar Lazio, il divieto di indicare in etichetta i due vitigni, se i vini che li utilizzano non seguono le regole della DOP, «pregiudica in modo rilevante le potenzialità commerciali dei produttori di vini a indicazione geografica protetta, limitandone la libertà di concorrere con i propri prodotti nel mercato del settore».
Di più: i giudici hanno definito questa disposizione «una misura anticoncorrenziale, che non trova giustificazione in rilevanti motivi di interesse pubblico, ma solo in ragioni di politica commerciale, volti a favorire la produzione DOP». Finita qui? Al contrario. Il consorzio tutela vini DOP Sicilia e l’Associazione vitivinicoltori IGP Terre Siciliane (le due realtà condividono la medesima base sociale) hanno presentato appello al Consiglio di Stato. Sostengono che «lo scopo della modifica del disciplinare, voluta da tutta la filiera vitivinicola siciliana, è di riservare l’indicazione dei due vitigni Nero d’Avola e Grillo alla DOP Sicilia, per valorizzare un patrimonio significativo della viticoltura locale». Il loro obiettivo è seguire l’esempio dei produttori aderenti alla DOP Pinot delle Venezie, gli unici che oggi possono fregiarsi della menzione della varietà «Pinot grigio» sulle bottiglie. Ora la parola passa ai giudici di palazzo Spada.
Fonte: Italia Oggi