Alla presentazione di Vinitaly a Bruxelles lo studio del Ceev sulla filiera vitivinicola UE in risposta agli attacchi antialcol. Il Presidente Sanchez: colpire il vino significa danneggiare la cultura e l’economia europea
Che mondo sarebbe senza il vino? E a quanto ammonterebbero le perdite dell’economia se tutto il giro di affari che ruota intorno al vino fosse azzerato?
È questa la domanda provocatoria a cui Vinitaly vuole dare una risposta in vista della prossima edizione, la 56esima, che si svolgerà a Verona dal 14 al 17 aprile. Un’edizione speciale, presentata mercoledì 20 marzo per la prima volta a Bruxelles, all’Europarlamento.
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Tra la relazioni una ricerca effettuata anche al livello europeo dal Ceev che, presentata da Ignacio Sanchez, direttore generale del Ceev, presente a Bruxelles.
“Come sarebbe l’Europa senza il vino? Molto più triste tanto per cominciare – ha affermato Sanchez. Spesso, quando ci troviamo davanti ai politici, diciamo: dovete aiutarci. E loro chiedono: ma quanto è il valore del vino? Be’, la premessa è che ci sono stati e ci sono tanti attacchi, c’è una demonizzazione del nostro settore, e allora chiediamoci che cosa saremmo senza il vino. Dallo studio europeo, emerge che il dato macro del valore del vino è di 130 miliardi di euro, con quasi 3 milioni di lavoratori (e 52 miliardi di tasse pagate). Ma la dimensione sociale è quella che vale di più. Il vino è l’àncora dei territori rurali: il vino si fa con passione, con le mani e con qualità. Le aziende vitivinicole hanno 37% in più di contabilità economica rispetto alle altre. E il suo valore incide sul benessere della gente”.
Certo è che il consumo sta cambiando. Lo conferma Sanchez: “A livello macro, il consumo è sceso del -15% negli ultimi venti anni. Quanto ai giovani, possiamo cambiare prospettiva e puntare sulla flessibilità: si parla molto di vini senza alcol, un tema delicato, ma quando l’Europa 6 anni fa ci ha appoggiato nel creare questa categoria, la domanda chiave è stata: volete che questo prodotto sia fatto dalle aziende del vino o magari da multinazionale che fa soda? La risposta è scontata, è bene che siano le imprese del vino a gestire questo segmento”.
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Fonte: La Repubblica