Consorzio tutela vini d’Irpinia: per uscire dalla pandemia tante attività B2B e progetti di comunicazione con altri Consorzi del vino campano
Nel 2003 presso la Camera di Commercio di Avellino, il Consorzio tutela vini d’Irpinia nasce come associazione volontaria, senza finalità lucrative, promosso dagli operatori economici coinvolti nella filiera produttiva. Oggi raggruppa circa 500 produttori di uve e aziende vitivinicole e rappresenta il 75% dei vini prodotti e certificati in Irpinia. La mission del Consorzio è ben sintetizzata in una frase contenuta nel Testo unico della vite e del vino: “Il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale”. Con decreto ministeriale del 2017, rinnovato nel 2020, il Consorzio tutela Vini d’Irpinia è stato autorizzato a svolgere le funzioni di promozione, valorizzazione, vigilanza, tutela, informazione del consumatore e cura generale degli interessi per le DOP Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Taurasi e Irpinia. Consortium ha incontrato il presidente del Consorzio Stefano Di Marzo.
Presidente Di Marzo, i vostri vini hanno un’antichissima tradizione, nascono nella Campania Felix, la terra del vino delle civiltà dell’antichità.
Proprio grazie all’antica diffusione della coltivazione della vite in questo territorio, oggi abbiamo un notevole patrimonio ampelografico caratterizzato da una grande varietà di uve autoctone, da cui derivano vini bianchi e rossi, altamente tipicizzati e di pregio riconosciuto. Vitigni come la Vitis Hellenica, l’Aminea Gemina e la Vitis Apiana – da cui discendono i principali vitigni autoctoni campani come l’Aglianico, il Greco, il Fiano, la Coda di volpe il Piedirosso e l’Asprinio – sono già nominati negli scritti di Virgilio e Plinio il Vecchio. Famosi nell’antichità per le favorevoli condizioni pedoclimatiche, era proprio dai porti campani che partivano i “vini degli Imperatori”, e già si parlava di Falerno, Caleno, Greco e Faustiniano.
Cosa rende il terroir Irpinia unico?
L’Irpinia, situata in provincia di Avellino, è una bolla continentale protetta dall’Appennino. In epoche preromane era abitata da una delle tribù sannitiche, gli Irpini, che prendevano il nome dal loro animale guida, il lupo di montagna, anticamente detto hirpus. Il territorio è attraversato dalla dorsale appenninica che lo divide in due versanti molto diversi tra loro: il versante tirrenico, più accidentato, ricco di vegetazione e di acque, intensamente coltivato, dal clima più mite e piovoso, ricco di vigneti; il versante adriatico caratterizzato da colline con coltivazioni estensive e temperature più rigide. Queste differenze rappresentano un punto di forza poiché determinano la formazione di microclimi, che variano da zona a zona, consentendo la produzione di uve diverse adatte per vini di grande pregio.
Come Consorzio siete riconosciuti dal 2017, allora quanti erano gli associati e quanti sono oggi, che dimensioni hanno le aziende associate?
Oggi il Consorzio Vini d’Irpinia è composto da 560 soci, fra produttori e trasformatori e rappresenta circa il 75% dei vini certificati prodotti in questo territorio; la nostra mission è la tutela e la valorizzazione delle produzioni DOP. Con circa 10 milioni di bottiglie prodotte, i vini d’Irpinia hanno un elevatissimo numero di interpreti che sono una fucina sperimentale, con diversi approcci alla vinificazione. La nostra è una filiera fortemente antropizzata, in cui ci confrontiamo continuamente. Negli ultimi anni siamo molto cresciuti come aziende e come rappresentatività. Come numeri le maggiori performance sono del Greco di Tufo DOP con circa 3 milioni e mezzo di bottiglie. Come ambasciatore della Campania, dopo la Mozzarella di Bufala Campana DOP, c’è sicuramente il Greco di Tufo, una denominazione di successo, seguita dal Fiano di Avellino DOP, con 2 milioni e mezzo di bottiglie.
Prima della pandemia quali erano i vostri mercati di riferimento?
In Italia il Centro-Nord e all’estero i mercati europei, ma avevamo buoni accordi commerciali anche in Nord America, Giappone e Russia. Durante la pandemia non ci siamo fermati come Consorzio, abbiamo promosso iniziative on line e masterclass con giornalisti stranieri. Siamo molto interessati alla comunicazione. La pandemia ha generato un livello di sofferenza molto alto, soprattutto per chi lavorava prevalentemente con il canale Horeca; il turismo si è fermato, niente visite alle cantine, si è interrotto il flusso naturale. Ma noto una certa vivacità imprenditoriale per il futuro e credo nella crescita dei nostri vini che sono di fascia medio alta.
Due anni di pandemia hanno cambiato le aziende e il loro modo di presentarsi sul mercato. Da voi cosa è cambiato? C’è stato passaggio all’e-commerce?
Il tessuto connettivo Irpinia è costituito da piccole e piccolissime realtà, che con il lockdown non hanno praticamente potuto fare nessuna delle attività tradizionali, quindi si sono molto ingegnate. Sono state sviluppate tante attività B2B e oggi grazie alla crescente voglia di socialità in molti si sono riconvertiti bene e subito.
Quali sono i programmi di sviluppo del Consorzio? Quali gli obiettivi a breve e lungo termine?
Seguiamo attentamente le misure regionali e comunitarie per attingere alle risorse disponibili, d’altra parte siamo un piccolo territorio che ha tanto bisogno di comunicazione. Lavoriamo per costruire nuove progettualità, anche attraverso il coordinamento con altri Consorzi campani del vino per azioni di comunicazione coordinata. Ad esempio ci stiamo già muovendo per avere uno spazio istituzionale comune alle più importanti fiere con il Consorzio Tutela Vini del Sannio, il Consorzio Vini Salerno, il Consorzio di tutela Vini del Vesuvio e con il Consorzio Vini Caserta. Sicuramente riprenderemo “Ciak Irpinia”, una manifestazione promozionale dedicata ai vini del territorio, la cui terza edizione, nel maggio 2019 ebbe un gran successo. Si comincia a dicembre con il Taurasi DOP e a maggio con l’uscita dei nostri bianchi. C’è un clima di entusiasmo, ci sono le condizioni per la ripresa.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2021_04