Il presidente Mobrici: “siamo un Consorzio che aiuta le aziende offrendo a tutte le DO le stesse possibilità”
Nel 1946, sette aziende dettero vita al Consorzio per la difesa dei vini tipici Barbera d’Asti e Freisa d’Asti, per garantire la genuinità e la diffusione di queste produzioni sui mercati nazionali ed esteri, grazie ad appositi marchi distintivi. Oggi le aziende associate sono oltre 300 e si riconoscono sotto il nuovo nome di Consorzio Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato, che tutela complessivamente tredici denominazioni. Il Consorzio rappresenta una realtà che contribuisce in modo determinante allo sviluppo dell’intero territorio circostante e rappresenta il punto di riferimento di una filiera quotidianamente impegnata a preservare il proprio ambiente e innalzare la qualità delle produzioni. Ce ne parla il presidente Filippo Mobrici, responsabile vinicolo dei poderi della Bersano Vini, conosciuto come “l’uomo della Barbera”, che è al suo secondo mandato e guiderà il Consorzio fino al 2020.
Cosa è cambiato per il Consorzio Barbera d’Asti e dei vini del Monferrato in questi anni della sua presidenza?
In questi anni sono cambiate tante cose, anche perché proprio nel 2014 “I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” sono diventati patrimonio Unesco. Un passaggio importante è stato il trasferimento della nostra sede: oggi siamo nel Castello medievale di Costigliole d’Asti, dove abbiamo eseguito un restauro parziale per il recupero di locali per uffici e aree per convegni. Un progetto nato proprio nel 2014, che sottolinea l’importanza del legame dei Consorzi con il territorio. Un altro cambiamento è l’aumento delle denominazioni tutelate dal nostro Consorzio, che con l’ultima arrivata, la DOCG Nizza, sale a tredici. Questo crea sicuramente maggiore complessità nel nostro lavoro, ma è fondamentale per preservare tantissimi vitigni autoctoni del Monferrato, dai più noti ai meno conosciuti. Anche se aumentano le complicazioni nella gestione e nella comunicazione, rappresentare tredici denominazioni è una grande ricchezza. Le nostre aziende, piccole o grandi che siano, producono diversi tipi di vino e sanno di poter trovare sostegno nel Consorzio, che aiuta offrendo a tutte le denominazioni le stesse opportunità.
Quindi il numero delle denominazioni che tutelate potrebbe ancora crescere?
C’è sempre qualche realtà che ha bisogno di una casa e il Consorzio è la casa dei produttori, quindi ben vengano altre denominazioni. Il lavoro che stiamo facendo è confermato dai numeri, siamo passati dai 160 soci nel 2014, ai 330 di oggi, questo dimostra che siamo un riferimenato importante per il territorio. Oggi rappresentiamo più di 11.500 ettari di superficie. Le aziende apprezzano la presenza del Consorzio, nello stesso periodo siamo passati dalla tutela di 9 denominazioni a 13, quindi è l’aggregazione che rappresenta il cambiamento.
Parlando di cambiamento, le aziende di oggi sono diverse da quelle di alcuni anni fa?
Sì, si avverte il cambio generazionale, grazie al riavvicinamento dei giovani al settore, così nuove aziende scelgono di convergere all’interno di un’unica casa dove sanno di poter avere un ruolo. Adesso stiamo vivendo una sorta di risveglio dell’orgoglio monferrino, soprattutto nel sud dell’astigiano, dove si stanno adoperando in modo encomiabile per il ritorno alle vigne; nascono ristoranti, alberghi di campagna, spa, tutto un indotto trasversale che interessa tanti operatori e dove l’agricoltura è trainante. Oggi le aziende puntano molto sulla promozione e sull’ospitalità. Come Consorzio siamo passati da un’attività promozionale istituzionale diretta, di circa 200.000 euro l’anno nel 2014, a oggi che facciamo azioni per 4 milioni di euro.
Che tipo di comunicazione fate?
Come Consorzio partecipiamo a circa 55 eventi all’anno tra locali, nazionali, internazionali, che scegliamo su indicazione delle aziende: all’inizio dell’anno mandiamo una comunicazione di intenti e poi scegliamo in base ai loro suggerimenti. Come primo step abbiamo puntato sulla comunicazione locale, perché è determinante essere forti a casa propria. Quando un territorio ha la fortuna di avere visitatori che vengono da tutto il mondo, è importante che possano trovare proprio qui il nostro vino. Questo era il primo obiettivo e ci siamo riusciti. All’inizio la ristorazione era ostile, abbiamo voluto invertire questo tipo di rapporto sviluppando azioni a costo zero per i ristoratori, è stato importante e in 4 anni ecco il cambiamento. Oggi con gli operatori del settore camminiamo assieme e abbiamo ottenuto risultati che sembravano impossibili. Abbiamo promosso i vitigni minori con l’iniziativa “Giovedì vintage”. Il giovedì era il giorno in cui i ristoranti incassavano meno, oggi sono pieni. Adesso siamo pronti per il secondo step, la promozione nelle tre grandi città più vicine, Milano Genova e Torino, rivolta a ristoratori, operatori e pubblico finale. Un tema molto attuale per le produzioni vitivinicole è la sostenibilità.
Cosa sta facendo il vostro Consorzio?
Ne stiamo parlando come comparto, non come singole aziende; bisogna arrivare prima alla sostenibilità economica, poi si arriva a quella ambientale. Se con quello che stiamo facendo con la promozione arriviamo a un reddito dignitoso in viticoltura, allora si potrà parlare di sostenibilità ambientale, che rappresenta il futuro, ma adesso dobbiamo lavorare su aziende che devono sopravvivere con dignità. Fino ai primi anni 2000, in Piemonte, non si usavano insetticidi, perché non avevamo problemi, abbiamo da sempre rese molto contenute, questo ci consentiva di non avere una spinta eccessiva nei vigneti. Purtroppo con l’arrivo della flavescenza dorata abbiamo dovuto ricorrere anche noi ai trattamenti contro gli insetti. Eravamo un territorio sano, che non ne aveva bisogno, oggi servono, ma cerchiamo di limitarne l’uso. Come vi muovete rispetto all’export e alla promozione internazionale? Con i finanziamenti OCM vino ci promuoviamo all’estero in Canada, Stati Uniti, nei Paesi Nordici, Inghilterra compresa. In Germania abbiamo qualche problema, perché adesso comprano solo a buon prezzo. Poi ci sono l’Asia, ancora da scoprire, il Giappone, la Cina e la Korea. Promuoversi in sinergia con produzioni Food DOP e IGP del territorio funziona molto bene localmente, per questo contiamo di farlo anche all’estero.
A cura di Giovanni Gennai
Fonte: Consortium 2018/02