Creare valore, soprattutto all’estero, per il vino made in Italy. È il principale obiettivo del mondo produttivo italiano, secondo quanto emerso durante la tavola rotonda alla scuola di dirigenti d’azienda della Bocconi, nel corso della quale esponenti della filiera vitivinicola hanno discusso i risultati della ricerca effettuata dal Wine Management Lab di Sda Bocconi proprio sulle leve per lo sviluppo del vino italiano. L’indagine ha esplorato, in collaborazione con l’ICE, il posizionamento del vino italiano in 21 Paesi attraverso l’opinione di 17o tra importatori esteri e distributori e ha cercato di mettere a fuoco gli orientamenti strategici di 50o produttori italiani.
Incrociando i dati delle due survey sono emerse tre chiare linee d’azione, secondo quanto spiegato da Armando Cirrincione, docente della Bocconi: «per il futuro del vino italiano bisogna puntare sulla varietà, intesa come differenziazione d’offerta e non solo come vitigni autoctoni, sul lifestyle indicando il vino sempre meno come bevanda e sempre più come esperienza di consumo “fine” e infine occorre valorizzare il legame con il turismo enogastronomico. Rendere unica l’esperienza di consumo può diventare un vero moltiplicatore di valore».
Antonio Rallo, presidente dell’Unione italiana vini, Antonio Rallo, si concentra sui mercati più che sulle azioni:”gli USA (primo mercato al mondo) e la Cina (unico paese con consumi in crescita a doppia cifra). Sul fronte delle azioni vedo bene esperienze come quella della Sicilia DOP, ovvero un “brand vassoio” nel quale coabitano e collaborano marchio territoriale più ampio e sottozone più ristrette, etichetta di origine e brand aziendale: in quattro anni la Doc Sicilia è cresciuta del +6o%». Non manca chi scommette su una strategia differenziata per mercato. «Appena il 5% dei cinesi ha il passaporto e meno del 2% è stato in Italia – ha detto il presidente dell’ICE, Michele Scannavini – inutile fornire loro troppe informazioni su un Paese che neanche sanno dove sia. Bisogna comporre un mix di strategia di base in Cina e promozione evoluta negli USA dove abbiamo invece bisogno di recuperare il gap di prezzo con i concorrenti francesi. Dobbiamo essere capaci di mettere insieme identità di marca, valore simbolico dei territori e rapporto qualità/prezzo».
Fonte: Il Sole 24 Ore