Cronaca di una pesante crisi economica annunciata: uve invendute o sottopagate ai produttori, pressione fiscale elevatissima, immissione nei mercati di uve estere e, manco a dirlo , i costi di energia , carburante agricolo e manodopera , che incidono sui bilanci aziendali. I produttori che fanno capo al Consorzio uva da tavola IGP di Mazzarrone , che aggrega Chiaramonte Gulfi , Comiso, Licodia Eubea , Caltagirone (Granieri), sono esasperati, perché le aziende sono a reddito zero e, per riflesso, l’indotto con tutti gli operatori economici che ruotano attorno al comparto: manodopera, autotrasportatori, concimi, teloni e altro . Una crisi irreversibile poiché , per il terzo anno , i conti non quadrano e la sofferenza si legge negli occhi dei produttori. “Serve l’intervento
dell’organo politico regionale – ha detto il sindaco di Chiaramonte Gulfi , Sebastiano Gurrieri -per arginare la crisi. Se ciò non dovesseavvenire, per il prossimo anno avremo ripercussioni ancora più gravi. Come territorio siamo contigui a Mazzarrone e viviamo la stessa crisi”.
Il comparto nell’ultimo triennio ha dovuto prima fare i conti con eventi climatici, venti , alluvioni e fenomeno del cracking e, adesso , con la crisi di mercato e il deprezzamento del prodotto.
Elementi che hanno indotto le segreterie , regionale e provinciali (Catania e Ragusa) della Cia a recarsi al capezzale dei produttori . La problematica, oltre al Consorzio IGP di Mazzarrone, investe le zone di Canicattì, Riesi, Butera, la Puglia , laddove si sono registrati i primi focolai di proteste. La richiesta corale dei produttori è volta a chiedere, per il tramite della Regione, interventi normativi da parte del governo nazionale, al fine di introdurre regole nei rapporti con la grande distribuzione ed evitare l’immissione nei mercati di uve provenienti da Turchia, Egitto, Marocco.
Come annunciato in assemblea dal presidente della Cia di Catania, Giuseppe di Silvestro, perfino dal Perù. Senza considerare poi i 40 mila ettari di produzione del vicino Marocco che,
nel rapporto fra manodopera e costi di produzione creano condizioni di mercato sleali. La protesta, partita insomma da Granieri, è entrata nel vivo nell’aula consiliare, che ha accolto una
foltissima platea di produttori. Raffaele Migliore presidente Cia centro Sicilia: “Stesso problema lo registriamo a Canicatti, Butera e Riesi. La crisi è anzi più grave dello scorso anno. O per il cracking o per altri motivi l’agricoltore non ce la fa più. Redditi e bilanci crollano. I produttori non chiedono soldi, ma sgravi fiscali e rapporti agevolati con le banche. E’ impensabile che ai produttori paghino l’uva 20-40 centesimi e poi il consumatore la compra a 3-4 euro”.
Fonte: La Sicilia