La strategia del Comité Champagne per lo sviluppo sostenibile della filiera attraverso l’approccio condiviso e la certificazione ambientale.
La regione della Champagne è da anni impegnata in progetti di sostenibilità che l’hanno resa una regione pioniera in Europa, qual è l’origine di questo spirito “sostenibile”? Qual è la filosofia che sta alla base dell’impegno degli attori dell’industria vinicola?
Nella prima metà del XX secolo, la Champagne è stata duramente colpita da una serie di eventi drammatici, dalla fillossera, alle due guerre mondiali fino alla crisi economica degli anni Trenta. Solo a partire dagli anni ‘60 la regione è riuscita a reimpiantare i suoi vigneti, a sviluppare i mercati e a stabilire solide relazioni interprofessionali. Al tempo stesso, i progressi tecnologici come l’innesto delle viti, l’introduzione dei trattori e la selezione clonale hanno contribuito ad assicurare la produzione permettendo alla Champagne di avviare una fase di crescita economica. In questo nuovo contesto, Vigneron e Maison si sono posti la domanda di come fare a preservare questo patrimonio per trasmetterlo alle generazioni future. Negli anni ‘80, sono stati avviati i primi programmi di tutela dell’ambiente che ha riguardato ad esempio la gestione responsabile degli effluenti, il controllo dell’erosione o l’impiego della tecnica della confusione sessuale. Questi impegni hanno avuto un loro primo punto di svolta nel 2001, quando la filiera ha avviato una strategia di viticoltura “raisonnée” allo scopo di promuovere buone pratiche sempre più rispettose dell’ambiente.
La sostenibilità è un concetto complesso che va declinato e adattato al territorio, in un certo senso va “costruito”. Come è stato costruito e valorizzato il concetto di sostenibilità in Champagne e con quali attori scientifici avete collaborato al progetto?
Il primo passo fondamentale per gli Champenois è stato di effettuare un’analisi ambientale dell’intera filiera e di tutte le sue pratiche. Questa valutazione ha permesso di individuare quattro questioni principali su cui focalizzarsi, ovvero la riduzione degli input e il controllo dei rischi per la salute e l’ambiente; la conservazione e la valorizzazione dei terroir, della biodiversità e dei paesaggi; la gestione responsabile dell’acqua, degli effluenti, dei sottoprodotti e dei rifiuti e, naturalmente, la sfida energetica e climatica. Sulla base di questa analisi estremamente approfondita, è stato elaborato un ampio programma di sviluppo sostenibile globale articolato su tre assi portanti: il piano per la riduzione delle emissioni di CO2 e di gas serra e per promuovere la ricerca e l’innovazione varietale; il piano per l’acqua, focalizzato sul miglioramento della gestione idrica sia nei vigneti sia nelle cantine; il piano sulla biodiversità, dedicato alla conservazione della flora e della fauna di particolare interesse dal punto di vista paesaggistico, agronomico e funzionale. Il Comité Champagne occupa naturalmente un ruolo centrale nell’implementazione di questi piani, collaborando attivamente con molti altri enti come ad esempio l’INRAE, l’Agence de l’Eau Seine-Normandie o il Service Régional de la Protection des Végétaux.
Come sono stati coinvolti tutti i produttori in questo processo e, in particolare, quali attività di formazione e informazione sono state necessarie per promuovere una cultura della sostenibilità nella filiera?
Il Comité Champagne con oltre 80 anni di storia è abituato a comunicare con i suoi 16mila aderenti e dispone di una vasta gamma di strumenti e di iniziative: dalla extranet dedicata alle newsletter periodiche, dagli incontri organizzati in tutti i vigneti a una rivista di settore e ad articoli sulla stampa locale. Inoltre, il Comité Champagne ha stabilito una rete di corrispondenti distribuiti in ogni villaggio all’interno della zona di denominazione. Questi collaboratori svolgono un ruolo fondamentale nel facilitare incontri e scambi di conoscenze tra i viticoltori delle varie aree, garantendo una trasmissione efficiente delle informazioni e delle iniziative interprofessionali. I vigneti sperimentali gestiti dal Comité rappresentano poi una preziosa “vetrina” per le attività di ricerca e i produttori sono regolarmente invitati per essere formati sulle nuove pratiche e sui nuovi materiali o semplicemente per uno scambio su temi specifici. Infine, il Comité collabora attivamente con i sindacati professionali che rappresentano Vigneron, cooperative e Maison, oltre naturalmente a essere sempre disponibile a recepire le esigenze e le domande dei professionisti del settore, offrendo supporto e visite ai vigneti in caso di necessità.
A oggi lo Champagne ha sviluppato un sistema di certificazione della sostenibilità – il marchio VDC – come si è evoluto e su quali indicatori si è basata la sua creazione? Quali erano gli obiettivi iniziali e quali sono quelli attuali? Come funziona e quali sono i vantaggi? A cosa è dovuto il suo successo?
La grande diffusione delle certificazioni ambientali e il fatto che non fossero adatte a un vigneto specifico hanno portato i Vigneron e le Maison della Champagne a chiedere al Comité Champagne di sviluppare uno standard ambientale equivalente all’Haute Valeur Environnementale (HVE) del Ministero dell’Agricoltura francese ma appositamente ritagliato sulle esigenze specifiche della denominazione. La certificazione Viticulture Durable en Champagne (VDC), introdotta nel 2014, ha avuto il duplice vantaggio di mobilitare più facilmente la filiera e creare valore per le aziende che lo applicano, offrendo un riferimento affidabile per il pubblico. Il processo di sviluppo della certificazione ha permesso di definire un quadro tecnico di riferimento composto da 125 misure specifiche. Gli enti di certificazione indipendenti sono responsabili dell’audit e del rilascio della certificazione, oltre che, naturalmente, del controllo dei rinnovi periodici (Scheda 1). Attualmente, quasi il 50% dei vigneti della Champagne ha ottenuto la certificazione VDC. Se aggiungiamo le altre certificazioni biologiche e Terras Vitis, il risultato è che quasi il 70% dei vigneti della regione è in possesso di una certificazione ambientale.
A oggi molti produttori vantano il marchio VDC, quale è stato il percorso intrapreso dal Comité per trasmettere i valori della sostenibilità agli attori stessi della filiera? È stato sviluppato un percorso di formazione ad hoc per i produttori visto che hanno una parte predominante nel processo di certificazione? E come vengono supportati i Vigneron in questo processo di transizione verde?
Il percorso è quello consolidato ed è finalizzato ad accompagnare i viticoltori con strumenti e iniziative utili. Per molti anni, il Comité Champagne ha pubblicato e distribuito annualmente una guida che copre tutti gli aspetti della viticoltura della Champagne. Nel 2014, con la creazione della VDC, ha deciso di trasformare questa guida in un manuale dedicato alle pratiche sostenibili. L’obiettivo è di informare e formare tutti i viticoltori su queste pratiche, rendendole comuni e ordinarie, anche al di fuori del contesto della certificazione. Per quanto riguarda il processo di certificazione, il Comité ha pubblicato numerose guide per aiutare i produttori a prepararsi. Ha anche creato appositamente una extranet dove sono disponibili gli strumenti utili per fare un bilancio delle azioni intraprese, per fornire mappe e informazioni di dettaglio, calcolare alcuni indicatori e monitorare i progressi. Inoltre, è stato istituito un team dedicato all’assistenza dei produttori impegnati nella certificazione.
Comunicare la sostenibilità ai consumatori è uno degli aspetti più importanti per realizzare una filiera a basso impatto, quali sono gli strumenti e quale messaggio trasmette oggi il Comité? E quali azioni concrete ha già messo in atto la Champagne?
Il Comité Champagne svolge un ruolo importante nella comunicazione degli impegni sulla sostenibilità assunti dai Vigneron e dalle Maison della Champagne, attraverso la stampa, i social media e i Bureau dello Champagne presenti in tutto il mondo, inclusa l’Italia. Va sottolineato che la comunicazione verso i consumatori spetta principalmente ai produttori che stabiliscono un legame diretto con i propri clienti. La sostenibilità non deve però essere una semplice risposta alle richieste dei consumatori. Si tratta di garantire la produttività e la sostenibilità del vigneto dello Champagne e di progettare e promuovere una viticoltura in equilibrio con l’ecosistema, con l’obiettivo di produrre con continuità uve di qualità e in quantità adeguate.
Come immagina il Comité lo “Champagne del futuro”? Quali valori dovrà comunicare nel mondo?
I vigneti sono fragili, soggetti ai cambiamenti climatici e stanno fronteggiando lo sviluppo di malattie che causano il deperimento delle viti, come la flavescenza dorata che si sta configurando come la fillossera del XXI secolo. In questo scenario, i Vigneron e le Maison della Champagne stanno affrontando con il consueto approccio collettivo queste nuove sfide. La filiera si doterà di un nuovo centro di ricerca, sviluppo e innovazione. Questo nuovo sito, che sarà operativo entro il 2028, aumenterà del 40% la superficie dei laboratori esistenti e ospiterà attrezzature all’avanguardia come una cantina sperimentale più ampia, una nuova sala di degustazione due volte più grande dell’attuale e una nuova piattaforma sperimentale di un ettaro. La Champagne è sempre stata all’avanguardia nello sviluppo sostenibile della filiera, ma le ambizioni della denominazione includono anche altre sfide come il rafforzamento della resilienza del settore nel suo insieme, e dell’attrattività complessiva della regione. È una priorità assoluta garantire che lo Champagne continui a essere riconosciuto come un vino eccezionale, sostenuto da una filiera unita, responsabile e impegnata.
Ci sono altri progetti nel territorio anche in collaborazione con altri prodotti AOP che state portando avanti?
Oltre alle iniziative per combattere la contraffazione e promuovere la formazione sulla denominazione, la Champagne è coinvolta in quasi 50 progetti dedicati esclusivamente alla sostenibilità. Tra questi, vorrei evidenziare il progetto QANOPÉE, un’iniziativa innovativa e ambiziosa che punta a salvaguardare la salute delle viti. Tre regioni vinicole francesi – Beaujolais, Borgogna e Champagne – hanno collaborato per creare l’associazione QANOPÉE, con l’obiettivo di realizzare una serra per la pre-moltiplicazione del materiale vegetale. Nel villaggio di Oger, in Champagne, sta prendendo forma una serra “insect-proof” progettata per garantire la produzione di viti in linea con il Piano nazionale contro il declino della vite. Non va dimenticato poi il progetto Cepinnov, che mira a garantire la disponibilità e la qualità dei vini di Champagne nel lungo periodo. La filiera sta esplorando nuove varietà di uve, per sviluppare tecniche di contrasto alle varie forme di deperimento dei vigneti, e definendo nuovi metodi di gestione del suolo e nuove strategie enologiche, sia per anticipare gli effetti del cambiamento climatico sia per rispondere alle esigenze dell’agro-ecologia.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_01