L’importante iniziativa romana della scorsa settimana organizzata da Federalimentare e il corposo lavoro di ricerca sul settore condotto della Luiss hanno avuto il merito di ricollocare nell’agenda delle priorità italiane la riflessione sul futuro delle nostre aziende del food. Come ben si sa l’agroalimentare italiano è percorso in questo momento da un conflitto di rappresentanza, da una parte si fa notare l’iniziativa tambureggiante della Coldiretti e della collegata Filiera Italia e dall’altra la Federalimentare del neo-presidente Ivano Vacondio ribatte colpo su colpo. Non è questa la sede per analizzare la ratio di questo conflitto ma una cosa va sottolineata: la creazione di valore nella catena del food italiano sta innanzitutto nella trasformazione del prodotto, specializzazione di cui siamo maestri e che in qualche modo ha finito per oscurare una semplice e banale verità ovvero che siamo ampiamente deficitari di materie prime (e siamo costretti a importarle in gran quantità),
Tornando al lavoro di ricerca della Luiss un primo elemento che va sottolineato è quello che riguarda la composizione dell’offerta. Le piccole imprese sono il 98% del settore e questo dato che in passato era indice di una generosa vitalità imprenditoriale oggi sta oggettivamente diventando un condizionamento dello sviluppo del sistema. Lo si può affrontare in una chiave che non sia solo retorica? Personalmente penso di sì e vuol dire in concreto mettere giù le linee di una politica industriale del settore che non può prescindere dalle scelte che operano i grandi capi-filiera dell’industria italiana. Le nostre multinazionali. Sappiamo che sono differenti le culture industriali, le risposte che sono maturate davanti alle discontinuità del consumo, le strategie di crescita (basta pensare a Ferrero e Barilla), ma si può pensare che il loro lavoro di sfondamento sui mercati internazionali possa avere qualcosa che assomigli a una «scia di sistema »? Non potendo pensare che avremo nel futuro prossimo un sistema distributivo come quello dei francesi Auchan e Carrefour, non possono essere, in modalità tutte da inventare, proprio le nostre multinazionali l’ariete di cui abbiamo bisogno?
Fonte: Il Corriere della Sera