Il centinaio di aziende iscritte al Consorzio dell’Etna rappresenta il 92% della produzione di vino e circa il 45% dei viticoltori della zona. In tutto la I% annovera 2 min di bottiglie, una piccola percentuale rispetto all’intera produzione vinicola siciliana, ma la differenza è nel valore delle uve, che qui può raggiungere anche 1,5 l bg peri bianchi (0,80 per i rossi), mentre nel resto dell’isola le quotazioni non arrivano a 1 e talvolta neanche a 30 centesimi. La viticoltura etnea richiede molta manodopera, a iniziare dai terrazzamenti, muretti a secco in pietra lavica, fino alla cura del singolo alberello, la forma di allevamento più diffusa e antica.
La Sicilia è la quarta regione vinicola italiana: 5 min di ettolitri derivanti da oltre 1 00 mila ettari di vigneto, con uno spostamento generale della produzione da vini comuni a doc. Una ricerca della qualità che attraversa l’intero settore primario. L’assessore regionale all’agricoltura Antonello Cracoïici riporta alcuni dati: la Sicilia ha la più alta percentuale di vigneti bio, oltre 60 tra prodotti tipici, denominazioni e indicazioni geografiche, e il più elevato numero di presidi Slow Food. 200 mila aziende agricole, di cui 80 mila iscritte al registro imprese, producono principalmente olio, vino, agrumi, ortofrutta e frutta secca. Per loro ci sono 2,2 miliardi di curo del Psr fino al 2020 e nelle prossime settimane si apriranno i bandi per l’insediamento giovani. «Liberiamoci dalla retorica del lamento», dice Cracolici, «e iniziamo a raccontare al mondo la nostra grande bellezza».
FONTE: Italia Oggi