Paolo Aielli, AD IPZS, spiega il valore dei contrassegni dei vini DOC e DOCG (DOP) per tutela e immagine nazionale
Il valore del prodotto agroalimentare è nella specificità, nella qualità e nella riconoscibilità, sintesi della cultura, della cura, della tradizione ma anche dell’innovazione e della creatività. Ma non basta, il valore del prodotto agroalimentare italiano ha qualche ingrediente in più. Primo tra tutti l’impegno delle comunità, che si esprime in modo diretto ed efficace nel modello dei Consorzi di tutela. È il riflesso della specificità della storia italiana, costruita sulla vitalità delle tante tradizioni locali che continuano ad arricchire la cultura nazionale. C’è poi l’impegno dello Stato, che da decenni lavora al riconoscimento delle produzioni locali e che fornisce strumenti pubblici di governance con i quali costruire, difendere e diffondere il valore della qualità. Costruire il valore della qualità è la magia che gli operatori di settore, con i Consorzi e gli Organismi di Controllo, compiono quotidianamente con risultati straordinari. Difenderlo e diffonderlo sono compiti per i quali lo Stato deve mettersi a loro disposizione, fornendo strumenti non solo normativi, ma anche organizzativi e tecnici. Ne parliamo con Paolo Aielli, Amministratore Delegato del Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano, l’azienda pubblica che produce i contrassegni per vini DOC e DOCG (DOP) e il sistema di tracciabilità al quale i produttori di vini affidano oltre un miliardo e mezzo di bottiglie ogni anno.
Dottor Aielli, partiamo dall’esperienza dei contrassegni per vini DOC e DOCG (DOP) per capire quali sono le caratteristiche che li rendono efficaci e così largamente adottati.
Credo che le caratteristiche che hanno fatto della tracciabilità dei vini un caso di successo, che di anno in anno registra nuove importanti adesioni, siano sostanzialmente tre: la neutralità, l’efficacia e l’approccio sistemico. La neutralità rispetto agli operatori di mercato e al meccanismo dei controlli è il fondamento di qualsiasi modello destinato a tutelare interessi contrastanti. Un sistema di anticontraffazione e tracciabilità deve essere a garanzia di tutti: produttori, certificatori, distributori, consumatori. Ciascun attore ha bisogno che i propri interessi vengano tutelati sia rispetto a possibili dinamiche distorsive interne al sistema che di fronte a comportamenti sleali o fraudolenti di soggetti esterni. Inoltre il contrassegno dei vini ha dimostrato di avere una straordinaria efficacia nel garantire l’autenticità del prodotto, la liceità dell’immissione in commercio, la corrispondenza tra le qualità del prodotto e le certificazioni ottenute. Basti pensare all’utilità che ha per i produttori che debbono controllare gli imbottigliatori esterni. Le masse di vino da imbottigliare vengono accompagnate da contrassegni numerati univocamente e personalizzati con le capacità delle bottiglie che verranno usate, quindi gli ettolitri di prodotto trattato corrispondono agli ettolitri complessivi riportati sui contrassegni. Una sorta di servizio ispettivo intrinseco a disposizione dei produttori. Infine va considerata la forza di un sistema pubblico che rappresenta una sintesi, sia in termini di organizzazione che d’immagine, rispetto al frazionamento che è alla base del modello delle Indicazioni Geografiche. L’intero mondo dei vini, ricchissimo di peculiarità territoriali e culturali, ha nel contrassegno e nel sistema nazionale di tracciabilità un riferimento unico di garanzia di qualità e d’immagine nazionale, che veicola nel mondo la specificità del prodotto con la forza del sistema Paese.
È possibile esportare il modello ad altri settori dell’agroalimentare?
Cosa si dovrebbe fare e quali errori bisogna evitare?
Sicuramente sì. Dal punto di vista tecnologico bisogna affrontare correttamente le diverse modalità con cui si producono e commercializzano i prodotti, le caratteristiche fisiche, le forme di confezionamento, i modelli di distribuzione e vendita, i mercati di destinazione. Abbiamo l’esperienza e le tecnologie (dei materiali, della produzione, dei sistemi digitali e delle comunicazioni) per affrontare le specificità tecniche e organizzative dei diversi settori del mondo agroalimentare. Ma è necessario sottolineare che questi sistemi funzionano, e come abbiamo detto funzionano molto bene, se vengono sfruttati appieno dall’industria agroalimentare, che può trovare in essi una risposta unitaria ai problemi di protezione del prodotto, di difesa del marchio, di coinvolgimento dei consumatori.
Ha parlato del coinvolgimento dei consumatori, ha in mente qualcosa in particolare?
Nel momento stesso in cui vengono adottati, questi sistemi di etichettatura e di tracciabilità diventano parte integrante dell’estetica del prodotto. Contribuiscono a dare un’immagine unitaria e inequivocabile della nazione di provenienza, esaltando il valore del sistema Paese, e testimoniano la grande qualità garantita dal ruolo dei Consorzi e del sistema di certificazione. Poi ci sono le tecnologie digitali, con le quali il Poligrafico realizza strumenti che permettono ai consumatori di fare le verifiche sull’originalità del prodotto, ma che possono essere sviluppate per veicolare gli elementi culturali e d’informazione che i produttori desiderano trasferire ai clienti per personalizzare il rapporto che hanno con loro. Non bisogna fare particolari sforzi di creatività per comprendere l’enorme potenziale che i sistemi di tracciabilità rappresentano per la connessione tra produttori e consumatori. Sfruttandone al meglio le potenzialità consentono di conoscere meglio le preferenze dei consumatori, analizzare le tendenze dei mercati di riferimento e personalizzare i messaggi di marketing in funzione delle specificità dei prodotti.
a cura di Geronimo Nerli
Fonte: Consortium 2018/01