L’Unità
«C’è molto lavoro da fare, sia per le situazioni contingenti, come la siccità nel Nord Italia, sia per quanto riguarda gli scenari futuri. Il comparto agroalimentare è fondamentale per il nostro Paese e non dobbiamo più perdere tempo». Mario Catania, ministro delle Politiche Agricole, un’intera carriera professionale passata all’interno del dicastero che oggi guida, si trova a dover gestire una situazione storica molto importante per l’intero settore agroalimentare. Un passaggio delicato, in cui o si cambia nel modo giusto o si rischia di scivolare senza possibilità di ripresa. Il ministro mostra passione e grande competenza, ma saranno i risultati ottenuti a stabilire se il suo progetto di riforma del settore sarà riuscito o meno. Partiamo dalla questione della siccità, che ogni estate diventa sempre più importante. «La situazione è critica e riguarda soprattutto la Pianura Padana orientale. Pensiamo di far fronte al problema attraverso la dichiarazione di stato di calamità naturale e di lavorare a fianco delle Regioni che devono fare i conti con quest’emergenza. Per le aziende Mario Catania colpite dalla siccità potremo procedere con il rimborso del danno e la sospensione dei contributi previdenziali. Ma il problema deve essere affrontato in maniera più globale» Si riferisce all’acqua? «La questione dell’acqua è centrale per le politiche agricole di questo Paese nei prossimi anni. Non è più possibile andare avanti con l’approssimazione. Partiamo da un presupposto molto importante: la quantità di acqua che cade sul nostro territorio è la stessa dei decenni passati. Il problema è che arriva in periodi di tempo più ristretti e con grande forza. Per questo ci vuole una politi ca che si occupi di infrastrutture per trattenere l’acqua ed evitare i periodi di siccità con cui ormai ogni anno dobbiamo fare i conti » Avete già dei progetti a riguardo? «Assieme al ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, abbiamo deciso di mettere la questione dell’acqua tra le priorità e destinare parte dei fondi a disposizione dei nostri ministeri all’ammodernamento delle infrastrutture. In ambito comunitario e nazionale poi stiamo lavorando per approntare una serie di interventi, come le assicurazioni agevolate per i produttori, che consentano di ridurre la volatilità dei prezzi. Alcune organizzazioni agricole, italiane e non, spingono per una sorta di “patto di stabilità” a livello comunitario. Poi sarà importante che i cittadini ricevano un’educazione al consumo dell’acqua che permetta di diminuire gli sprechi». Intanto però la siccità peggiora una situazione già molto difficile per le aziende agricole, in difficoltà da anni. «Esiste, ed è inutile negarlo, un problema per le aziende agricole. La filiera non funziona bene troppi passaggi, troppo valore che rimane in stadi intermedi. Senza dimenticarci della forte tendenza a ritardare i pagamenti. Il governo ha già dato una risposta, introducendo una norma che vincola al pagamento entro 30 giorni nel caso di merce deperibile e entro 60 giorni nel caso di merce non deperibile. A fine ottobre, quando la norma entrerà in vigore, le piccole aziende saranno avvantaggiate. E stata una dura battaglia ottenere questo cambiamento, ma alla fine ce l’abbiamo fatta». Pensa veramente che l’agricoltura italiana riuscirà a risollevarsi? «Guardi, intanto mi preme sottolineare che pur con tutti i suoi problemi, il comparto agroalimentare ha un peso pari al 14% del Pil nazionale, è strategico per il nostro Paese ed influenza altri settori, come il Turismo, la Cultura e l’Ambiente. Nessun altro comparto ha così tante ricadute dirette. Dobbiamo far valere la nostra creatività, l’innovazione e soprattutto la qualità dei nostri prodotti, che deve essere riconoscibile dai consumatori. Al momento purtroppo la concorrenza mondiale ha portato ad uno schiacciamento dei prezzi e ad una scarsa riconoscibilità dei prodotti». Unaltro problema di grande importanza per l’agricoltura è quello relativo al consumo del suolo. «Purtroppo sì, basti pensare che ogni giorno 100 ettari di terreno agricolo vanno persi. Negli ultimi 40 anni sono circa 5 milioni. Siamo passati da un totale di aree coltivate di 18 milioni di ettari a meno di 13 e la superficie cementificata continua ad aumentare. Per porre freno a questo fenomeno e difendere l’importanza dell’agricoltura, in un Paese che non raggiunge l’autosufficienza alimentare come l’Italia, a settembre presenterò una bozza di disegno di legge che favorisca il riutilizzo e la riconversione di aree industriali dismesse, tuteli i terreni agricoli e rallenti la corsa del cemento. Come vede ci sono molti progetti in campo, ma bisogna ricordarsi di un aspetto cruciale…». Quale sarebbe? «Dobbiamo pensare non solo a risolvere le crisi, dall’economia all’agricoltura, ma anche a gettare le basi per un progetto diverso. Nel caso della nostra agricoltura deve essere un progetto rispettoso del contesto territoriale, che punti sulla qualità della nostra proposta, per riuscire a sfruttare i grandi spazi che il mondo offre al nostro Paese ed alle sue eccellenze».