Dall’orto di mare di Scardovari allo yoga nei campi di lavanda: tutto ciò che si può fare nella Camargue italiana
Un grande orto di mare tutto da gustare, in barca, in bicicletta e soprattutto a tavola. Protagonisti i frutti di un territorio unico, quello del Delta del Po, dichiarato nel 2015 riserva di biosfera Mab Unesco e ormai meta imperdibile di chi ama il turismo lento, nella quiete della laguna, fra tramonti mozzafiato e animali da cartolina.
Se i fenicotteri rosa sono il biglietto da visita della Camargue d’Italia, non tutti sanno che qui si possono trovare 384 specie di volatili diversi, dall’aquila imperiale all’ibis egiziano, fino alla ghiandaia di mare. Non per niente siamo sul 45esimo parallelo, a metà strada fra Polo ed Equatore, e la laguna diventa un facile e comodo autogrill per le traversate dei volatili dal freddo al caldo.
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I prodotti tipici
La Sacca di Scardovari è un grande orto dove si producono vongole, cozze e ostriche, autentiche eccellenze allevate fra la laguna e il mare da un consorzio, quello dei pescatori del Polesine, che riunisce 1500 addetti per un fatturato annuo di 60 milioni di euro. Se le vongole veraci, “l’oro bianco” del Delta, rappresentano il 70 per cento della produzione, l’ostrica rosa è l’eccellenza della miticoltura moderna, grazie a un sistema di allevamento, Tarbouriech, che simula le maree e sfrutta le energie rinnovabili attraverso pannelli fotovoltaici che garantiscono l’immersione e il ritorno all’aria e al sole delle ostriche.
La DOP della laguna, la Cozza di Scardovari
E’ la prima ad avere ottenuto dieci anni fa la certificazione della Denominazione di origine protetta, un prodotto dal sapore inconfondibile grazie alla bassa salinità delle acque in cui viene allevato e particolarmente appagante a tavola, poiché per disciplinare il 25 per cento del suo peso è tutto polpa. I numeri lo rendono ancora un prodotto di nicchia: il ciclo vitale dura un anno, ma il prodotto fresco si raccoglie solo in due mesi (quando l’acqua supera i 30 gradi la magia finisce), tant’è che nel 2022 su 25mila quintali di cozze prodotte solo un migliaio ha avuto il marchio DOP.
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