L’Unità
L’evento non sia solo una Disneyland del cibo ma anche un ruolo di confronto sulle politiche agricole A d un anno esatto dall’ inizio dell Expo2015 proviamo a fare alcune riflessioni. In primis dopo innumerevoli peripezie la realizzazione dell’evento sembra ormai assicurata. Il cantiere nonostante i ritardi è molto più avanti di quello dei mondiali brasiliani di giugno 2014, le adesioni sono tantissime segno che il tema e la location sono rilevanti.
Su questo bisogna dare merito al commissario unico Giuseppe Sala, che salito su un treno in corsa che sembrava deragliare, è riuscito a frenarlo e a rimetterlo sui binari giusti nonostante il cambio frequente di governi e ministri. In Italia, l’evento Expo, nelle ultime settimane, è riuscito a coinvolgere attivamente l’ambiente agroalimentare.
Anche grazie all’avvicinarsi dell’evento e alla chiusura di alcuni elementi progettuali che erano rimasti aperti, come il padiglione del vino e quello di Federalimentare. Un fermento che si è concentrato, da parte di tutti gli stakeholder, soprattutto sul lato della promozione e del marketing. Ma l’Expo non è solo questo, non è solo una grande vetrina promozionale.
Credo che l’Expo debba essere anche l’occasione per mettere in campo progettualità nuove; sul versante della ricerca, su quello delle politiche agricole ed infine su quello culturale legato alle tematiche cibo e sostenibilità. Elementi utili a preparare lo sviluppo del settore, contributi in grado di rimanere in dote all umanità anche dopo la fine dell’Expo.
L’idea diffusa che L’Esposizione Universale sia un grande parco di divertimenti del cibo, una sorta di DisneyFood temporanea, è molto limitante. Riduttiva per le imprese, per le istituzioni ed anche per le persone che a Milano cercheranno di approfondire un percorso di discussione sul problema della nutrizione deli uomo nel rispetto della terra sulla quale vive. Non si può ridurre questo grande appuntamento ad un idea rappre sentata da un assaggio di un buon prosciutto o di un buon formaggio.
Per l’Italia è l’occasione non solo di esporre il suo Made in Italy, ma anche di mettere in campo tutto quello che il sistema agroalimentare italiano è capace di fare; ovvero, produzione primaria, professioni, meccanica agricola, industria food processing, industria del packaging, bottling, prima e seconda trasformazione.
In particolare penso a Ricerca e Sviluppo che in Italia, grazie al lavoro di Università ed enti come Cnr e Cra, ha reso possibile spingere su innovazione e qualità produttiva, permettendo al sistema Paese di creare un modello internazionale capace di essere alternativo a politiche agricole pericolose come quelle favorevoli agli Ogm. Inoltre non bisogna perdere di vista il tema centrale dell Expo 2015: un progetto di sistema che possa dare risposte all’agricoltura di tutto il pianeta, compresa quella dei paesi che devono ancora definire modelli di sviluppo. Come spesso ricorda al Fao, la creazione di sistemi alimentari sicuri e sostenibili dovrà essere una delle questioni prioritarie nell’ordine del giorno di Expo.
L’appuntamento dovrà fornire proposte concrete per supportare governi, organizzazioni, settore privato e famiglie nella scelta di percorsi consapevoli e coerenti su questioni vitali per il nostro pianeta. Per l’Italia, e forse per l’Europa intera, sarà anche l’occasione per lanciare dei temi di politica agricola attuali ed innovativi come, ad esempio, quello della tutela dei prodotti agroalimentari. Avere a disposizione la presenza di 147 delegazioni nazionali tutte insieme potrebbe aiutare la comprensione del fatto che gli accordi sulla contraffazione non sono protezionismo ma democrazia, per i cittadini e per le imprese.
Perché una cosa è certa ad oggi: se qualunque azienda italiana si mettesse a produrre un telefonino con il marchio Apple verrebbe immediatamente chiusa, mentre un azienda americana è libera di marchiare un formaggio come Gorgonzola, ingannando il consumatore e, magari, diventando ricca. Credo che in questi in ultimi mesi sia importante pensare a quale lascito, a quale balzo in avanti l’Expo possa lasciare al mondo per stimolare concretamente il dibattito sull alimentazione e sul cibo, sviluppando il tema in tutte le sue componenti. Riuscire, una volta tanto a dare una vera dimensione Politica, di lungo periodo, ad un evento universale sarebbe davvero una rivoluzione.
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