Il momento sembra finalmente arrivato. Dopo un certo tergiversare lungo un percorso di lento avvicinamento, coronato da diversi di casi di successo e qualche insuccesso, oggi l’industria alimentare sembra aver abbandonato ogni titubanza puntando in maniera diretta verso le materie prime DOP IGP per la realizzazione di prodotti trasformati. Non è eccessivo affermare che l’evoluzione del rapporto fra sistema IG e industria, rappresenta probabilmente uno dei mutamenti più importanti consolidati in questi ultimi anni nell’Agrifood.
Dal Rapporto Ismea-Qualivita 2018 emerge che nel comparto agroalimentare fra le prime 50 DOP IGP italiane per fatturato, ben 35 contano partnership con l’industria dei trasformati (70%), con una quota di produzione certificata destinata a questo settore che in due casi su dieci è superiore al 10%. Non esiste un segmento predominante, si va dai primi piatti (28% dei casi), ai condimenti (15%), ai dolci (15%), alle bevande (8%).
Le motivazioni alla base di questo fenomeno sono soprattutto di marketing. Le aziende ricorrono sempre più spesso ad azioni che fanno leva sul Country of Origin Effect, verso consumatori che dimostrano una crescente sensibilità per la provenienza dei prodotti. Dal lato degli operatori DOP e IGP lo spazio è ancora ampio e in espansione e offre indubbiamente una serie di opportunità: l’aumento della notorietà del marchio attraverso una maggiore diffusione su scala nazionale e internazionale, la destagionalizzazione e la possibilità – anche per i prodotti freschi – di essere presenti sul mercato in tutti i periodi dell’anno, il rafforzamento della reputazione grazie all’associazione con brand di prestigio e prodotti di qualità, l’incremento della produzione.
Tuttavia è fondamentale che, da parte dei soggetti del sistema IG, vi sia la capacità di governare al meglio le partnership e di associarsi a prodotti di qualità, perché non si generi una banalizzazione del valore e si eviti il rischio di un declassamento al rango di semplice “commodity”. A garanzia di tutto questo deve esserci un rapporto chiaro e consolidato fra Consorzio e azienda di trasformazione che vada al di là del rispetto delle regole amministrative vigenti, ma che abbia un respiro più ampio e strategico soprattutto sugli aspetti valoriali e della comunicazione sintetizzati nell’infografica.
All’interno di questo numero di Consortium abbiamo riportato il caso dei trasformati a base di agrumi siciliani IG, che può rappresentare un modello di riferimento per tutte le produzioni certificate, soprattutto quelle stagionali, e che mostra come, anche per le realtà più piccole o con un mercato limitato al proprio territorio, sia possibile individuare nuove strade e progetti innovativi per affermarsi agli occhi di un pubblico più ampio.
Come sempre per crescere servono idee, oltre alla capacità di investire su progetti condivisi e di fare rete: per questo si conferma ancora quanto i Consorzi di tutela siano determinanti e, infatti, è proprio dove essi sono in grado di assolvere il proprio ruolo di coordinatori, che nascono le esperienze di riferimento per tutto il settore.
A cura di Mauro Rosati – Direttore editoriale Consortium
Fonte: Consortium 2019/03