Lo studio dell’Università di Napoli Federico II evidenzia come l’appartenenza a un Consorzio di tutela (Pasta di Gragnano IGP), inteso come rete sociale, migliori la performance operativa, finanziaria e sociale, riducendo il paradosso tra tradizione e innovazione
L’imprenditorialità nel settore agroalimentare è caratterizzata da diversi fattori di contesto, tra cui la famiglia e l’identità degli individui. La dimensione familiare e quella identitaria sono fortemente interconnesse e la loro combinazione produce “tradizione”.
La tradizione è una prospettiva rilevante per indagare il modo in cui le imprese agroalimentari innovano, perché è spesso considerata come un patrimonio di conoscenze appartenente al passato e un ostacolo che limita l’innovazione: da qui nasce il cosiddetto “paradosso tra innovazione e tradizione”.
Solo pochi studi hanno indagato di recente questo tema, riscontrando che le strategie di innovazione basate su una programmazione di investimenti in ricerca e sviluppo non hanno risvolti positivi in un contesto tradizionale come quello dell’industria agroalimentare. Precedenti studi, invece, hanno suggerito che la capacità di fare rete può rivelarsi un elemento cruciale per colmare il divario tra queste forze apparentemente opposte.
Capitale umano, organizzativo e sociale rappresentano le tre componenti principali del capitale intellettuale di un’azienda che opera in un settore tradizionale come quello agroalimentare. Nello specifico il capitale sociale si riferisce alla conoscenza radicata negli individui e condivisa tra loro attraverso un modello di interazioni e reti di collaborazioni: studi precedenti hanno prestato particolare attenzione a questa componente che si concentra sul ruolo delle reti nel migliorare la condivisione, la creazione e l’utilizzo della conoscenza.
La rete è un fattore critico del capitale sociale, che migliora la capacità dell’organizzazione di generare, condividere e applicare la conoscenza in modo efficace. Altri studi hanno considerato la rete come un mezzo di condivisione della conoscenza, poiché consente all’organizzazione di sfruttare il proprio capitale intellettuale fornendo l’accesso all’ambiente esterno e facilitando la creazione di nuova conoscenza sotto forma di capacità innovativa.
In particolare, ci si riferisce alla capacità di un’impresa di passare dalla conoscenza codificata alla conoscenza tacita. Studi precedenti hanno affermato che il capitale intellettuale di un’impresa consiste nell’applicazione delle sue conoscenze tacite ed esplicite, che sono responsabili della generazione di innovazione. Pertanto, le imprese agroalimentari possono valutare se e come possono innovare attraverso la tradizione mediante processi di internalizzazione e reinterpretazione di fonti di conoscenza sia passate che nuove o esterne, al fine di metabolizzare il modo in cui il capitale intellettuale viene creato e trasformato.
Sulla base delle considerazioni precedenti, questo lavoro si propone di esplorare in che modo la rete potrebbe risolvere il paradosso della tradizione e dell’innovazione nel settore agroalimentare. Sebbene la letteratura esistente abbia indagato questo paradosso attraverso diversi studi qualitativi basati su casistiche aziendali, ad oggi non esistono studi che forniscano evidenze empiriche utilizzando un approccio quantitativo.
Per colmare questa lacuna, tale ricerca ha analizzato le aziende appartenenti al Consorzio di tutela della Pasta di Gragnano IGP (di seguito abbreviato “Consorzio”), essendo quest’ultimo una rete di produttori di pasta situati nel Sud Italia e certificati con Indicazione Geografica Protetta dall’Unione Europea.
Andrea Rey è Ricercatore di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, dove attualmente insegna Valutazione delle startup e delle imprese innovative.
Giovanni Catello Landi è Ricercatore di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, dove attualmente insegna Gestione finanziaria e Finanza Sostenibile.
Metodologia
Questo articolo adotta un approccio esplorativo e si basa su uno studio empirico del Consorzio sopra indicato, che è una rete regolamentata, certificata e promossa dall’UE. Per comprendere in che modo performano le imprese che operano in una rete, sono state formulate le seguenti ipotesi di ricerca che tengono conto della prospettiva manageriale (H1), degli azionisti (H2) e degli impatti sociali e ambientali (H3):
H1. L’appartenenza ad un consorzio a marchio IGP ha un impatto positivo sulla performance operativa delle imprese consorziate che operano in un contesto tradizionale.
H2. L’appartenenza ad un consorzio a marchio IGP ha un impatto positivo sull’andamento patrimoniale delle imprese consortili che operano in un contesto tradizionale.
H3. L’appartenenza ad un consorzio a marchio IGP ha un impatto socio-economico positivo sull’ambiente in cui operano i consorziati. Per testare le tre ipotesi sviluppate, è stata utilizzata una metodologia quantitativa: la panel data analysis.
Tabella 1. Panel data analysis
Risultati
Per quanto riguarda l’ipotesi H1, il coefficiente della variabile CONSORTIUM è positivo e statisticamente significativo (3.290*), il che suggerisce che l’appartenenza al Consorzio ha un impatto positivo sul ritorno sulle vendite dei consorziati, consentendo ai membri di incrementare la propria performance operativa, condizione fondamentale per garantire l’efficienza del modello di business nel lungo periodo (Tab. 1). Per ciò che concerne l’ipotesi H2, i risultati supportano l’ipotesi.
Il coefficiente per la variabile CONSORTIUM è risultato positivo e significativo (7.438**), coerente con l’ipotesi. I risultati hanno suggerito che quando le aziende agroalimentari incluse nel campione hanno deciso di consorziarsi, esse hanno migliorato la loro performance finanziaria: questa evidenza empirica potrebbe incoraggiare soci e potenziali nuovi investitori esterni a intraprendere iniziative in queste società, quando quest’ultime sono consorziate.
Infine, si è osservato che la variabile CONSORTIUM ha un impatto positivo e significativo (0,161***) sulla variabile dipendente LnEMP nell’ultima regressione, validando l’ipotesi H3. Questo risultato ha evidenziato che i membri del Consorzio sono stati in grado di aumentare la propria forza lavoro nel tempo. Questo risultato va contestualizzato in una situazione socioeconomica difficile come quella di Gragnano, dove il tasso di disoccupazione è cinque volte superiore alla media italiana. La decisione di aderire al Consorzio, quindi, ha avuto anche un impatto sociale, dimostrando come i consorziati abbiano avuto un effetto positivo sul territorio in termini di numero di dipendenti impiegati nella loro attività.
Paradosso tradizione-innovazione
Alcuni autori identificano la conoscenza tradizionale come una minaccia per l’efficacia dell’innovazione, individuando il paradosso che sussiste tra innovazione e tradizione. Secondo questo paradosso, il passato (ovvero la tradizione) è considerato un ostacolo che può limitare le strategie di innovazione, che rappresentano il futuro. Le strategie di innovazione convenzionali si basano su attività di ricerca e sviluppo; la letteratura accademica ha tuttavia rivelato come le strategie di innovazione basate su ricerca e sviluppo non funzionino nel settore agroalimentare. Pertanto, le imprese agroalimentari sono incoraggiate a introdurre strategie di innovazione diverse da quelle basate su programmi di ricerca e sviluppo, come ad esempio network per la condivisione della conoscenza tradizionale.
Conclusioni
Esplorando il paradosso tra innovazione e tradizione, le evidenze empiriche di questo lavoro suggeriscono che il network, inteso come fattore capitale intellettuale, è un fattore critico del cosiddetto “capitale sociale”, che permette alle imprese agroalimentari di condividere, creare e utilizzare la conoscenza che, a loro volta, consente loro di innovare e rimanere competitive sul mercato. Il network funge da mezzo di condivisione della conoscenza, in particolare della conoscenza tacita, dove i membri di un network possono assorbire la conoscenza esterna.
In aggiunta, i risultati hanno rivelato che l’adesione al Consorzio consente alle aziende agroalimentari di aumentare le proprie prestazioni operative, economiche e sociali. In particolare, i risultati di H1 e H2 confermano un aumento del ROS (ritorno sulle vendite) e del ROE (return on equity) da parte dei membri del Consorzio dopo che questi hanno deciso di farne parte. Tali evidenze sono in linea con la letteratura previgente.
Testando l’ipotesi H3, è stato notato che la decisione di consorziarsi è positivamente associata ad un aumento della forza lavoro dei membri del Consorzio; pertanto, questa decisione può avere un impatto sociale positivo su un territorio specifico in cui il tasso di disoccupazione è elevato.
Questo risultato consente di rispondere alle critiche di Chalmers (2021, p. 1370), il quale affermava che “gli imprenditori sociali possono e creano importante valore sociale […] Sarebbe anche un grave errore scoraggiare qualsiasi individuo dall’impegnarsi in attività creative e socialmente imprenditoriali che in qualche modo migliorino la propria comunità”.
Ovviamente, questi risultati hanno anche delle potenziali implicazioni ulteriori. Per quanto riguarda le implicazioni manageriali, è chiaro che le imprese agroalimentari possono preservare le proprie tradizioni attraverso la condivisione della conoscenza con imprese che operano nello stesso network.
Le imprese appartenenti ad un network possono condividere obiettivi quali essere etichettati con una certificazione di qualità, approvvigionarsi di input critici a costi bassi, ottenere un vantaggio competitivo sul mercato e proteggere le proprie tradizioni. Quando la ricerca e lo sviluppo comportano costi significativi, l’utilizzo delle relazioni sociali delle reti consente a un’azienda anche di spostarsi da una fonte di conoscenza a un’altra, migliorando la flessibilità strategica.
I risultati, inoltre, offrono implicazioni teoriche per la comunità, dimostrando che far parte di un network migliora la capacità di generare, condividere e applicare la conoscenza in modo efficace. In particolare, il network può essere visto come un fattore del capitale intellettuale, inteso come mezzo di condivisione della conoscenza e di fonte della conoscenza. Gli stessi risultati hanno evidenziato che le imprese agroalimentari del Consorzio sono in grado di innovare attraverso la tradizione, implementando processi di internalizzazione e reinterpretazione della conoscenza, sia codificata che tacita.
Secondo le evidenze della presente ricerca, dunque, l’adesione al Consorzio porta vantaggi non solo alle singole imprese ma anche alle comunità locali, in termini di aumento dell’occupazione. Pertanto, i risultati forniti in questo studio potrebbero incoraggiare i policymakers ad attuare nuove riforme che facilitino la formazione di network, soprattutto in contesti socio-economici in cui il tasso di disoccupazione è elevato.
Infine, sarebbe opportuno sollecitare l’UE ad applicare regole più severe riguardo al riconoscimento di un’Indicazione Geografica, per evitare che in futuro questi marchi perdano significato. Infatti, i risultati hanno confermato che l’UE fornisce supporto esterno al processo di reinterpretazione delle imprese agroalimentari e che l’etichetta IG può essere considerata una nuova categoria di proprietà intellettuale, associata alla conoscenza del passato, che le imprese agroalimentari possono sfruttare per migliorare le proprie prestazioni finanziarie ed economiche.
Titolo
Managing the tradition and innovation paradox of the agribusiness industry: the impact of the network on operating, financial and social performanceAutori
A. Rey, G. C. Landi, F. Agliata, M. CardiFonte
Journal of Intellectual Capital, Vol. 24 No. 6, pp. 1447-1463. https://doi.org/10.1108/JIC-04-2023-0087
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2023_04