Pronto il disciplinare, realizzato con l’Università di Torino, promosso dal Comitato richiedente con il sostegno della CCIAA
Nel 2013, l’acquisizione da parte del gruppo turco Toksoz del marchio Pernigotti e della storica fabbrica di Gianduiotti di Novi Ligure, fu un primo segnale di preoccupazione. Cinque anni dopo, l’ipotesi di chiusura della fabbrica e l’annunciato addio alla Pernigotti made in Piemonte divenne una dolorosa presa di coscienza. Sui media di allora ebbe molta risonanza la posizione della Fondazione Qualivita il cui direttore Mauro Rosati affermava che la registrazione IGP del Giandujotto di Torino avrebbe potuto frenare la delocalizzazione, aggiungendo che se i Giandujotti fossero stati registrati come Indicazione Geografica la situazione si sarebbe potuta gestire diversamente. La presenza del Giandujotto nell’elenco dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) piemontesi non poteva garantire il mantenimento della produzione sul territorio, come invece avrebbe potuto essere con le registrazioni DOP e IGP, che vincolano rigidamente la produzione all’area indicata nel disciplinare. Rosati avvalorò la sua tesi portando ad esempio Modica dove, consapevoli dell’importanza della registrazione, i produttori e le istituzioni locali si erano battuti per anni per ottenere l’IGP del Cioccolato. Dopo un anno e mezzo di trattati ve con il gruppo turco, la crisi Pernigotti è rientrata e la produzione è rimasta in Italia, ma l’episodio è servito per nuove riflessioni. Oggi Torino vuole l’IGP del Giandujotto e circa due anni fa si è formato un comitato per ottenere quel marchio dell’Unione Europea che renderebbe complicato produrre il pregiato cioccolatino lontano dal Piemonte. A sostenere il progetto una trentina di artigiani del cioccolato piemontese con in testa Guido Castagna e Guido Gobino, la Camera di Commercio di Torino e alcuni produttori di Nocciola Piemonte IGP delle Langhe che hanno guardato ai produttori di Modica per la loro esperienza acquisita nell’ottenere il riconoscimento del primo cioccolato IGP al mondo, dopo che nel 2012 la classe Cioccolato era stata inserita nell’elenco dei prodotti di qualità dell’UE. Il comitato richiedente, presieduto da Guido Castagna, ha coinvolto la Scuola di Economia e il Dipartimento di Agraria dell’Università di Torino per la definizione di un disciplinare di produzione del Giandujotto che definisca la forma, la qualità, le materie prime da utilizzare e i diversi metodi di lavorazione da certificare.
L’uso delle nocciole per produrre cioccolato fu un escamotage per riuscire a continuare la produzione cioccolatiera anche dopo il blocco continentale del 1806 imposto da Napoleone, che aveva reso difficile reperire il cacao, divenuto per questo anche particolarmente caro. In Piemonte, molti chocolatier iniziarono a produrre cioccolato sostituendo parte dell’impasto con le nocciole, prodotto tipico e abbondante nelle colline della regione. Quello che era nato come un surrogato del cioccolato riscosse uno straordinario apprezzamento, fino ad affermarsi come primo cioccolatino incartato in occasione del Carnevale del 1865, distribuito dalla maschera popolare di Torino, Gianduja, da cui il nome dell’impasto. Nel disciplinare proposto dal comitato richiedente la denominazione “Giandujotto di Torino” designerà esclusivamente il prodotto ottenuto dalla lavorazione della Nocciola Piemonte IGP delle Langhe con zucchero semolato (di canna o di barbabietola), cacao (fave di cacao e/o massa di cacao) ed eventualmente burro di cacao, cacao in polvere, bacche di vaniglia e suoi derivati naturali, sale, lecitina di girasole e/o lecitina di soia OGM free. La pasta di Nocciola Piemonte IGP delle Langhe in purezza dovrà essere presente dal 30% al 45%, rispetto al peso complessivo del prodotto.
“La proposta di disciplinare per la produzione del Giandujotto di Torino IGP adesso è pronta” commenta il presidente del comitato Guido Castagna, cioccolatiere, torrefattore, uno di quei pasticceri del cioccolato che può vantare la dicitura from bean to bar. “I prossimi step dell’iter del riconoscimento IGP prevedono diversi passaggi dalla Regione al governo di Roma, per poi giungere a Bruxelles, dove gli esperti dell’Unione Europea dovranno valutare la validità della nostra richiesta. È stato fatto un grande lavoro di ricerca per arrivare alla definizione della ricetta. Il gruppo di studio dell’Università ha confrontato e valutato 30 diversi Giandujotti di aziende storiche, partendo dalle materie prime e dal tipo di preparazione, fino alla confezione, per potere così definire il disciplinare del Giandujotto di Torino IGP che, nonostante il nome, potrà essere prodotto in tutto il Piemonte. Questo è stato necessario perché negli anni tutti i grandi cioccolatai piemontesi hanno dosato i semplici ingredienti in loro personalissime formule”.
A cura della Redazione