Come si passa dalla filosofia alla pratica della sostenibilità? E’ questo un interrogativo cui, a partire dalle sollecitazioni che sta apportando anche EXPO, noi tutti dobbiamo dare risposte concrete e convincenti: nei prossimi anni imprese e cittadini dovranno fare la loro parte, come ci ha voluto ricordare lo stesso Papa Francesco attraverso la sua Enciclica ‘verde’, con un richiamo forte verso comportamenti più etici ed ecologici.
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La svolta possibile dell’agricoltura italiana
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Ma cos’è la sostenibilità? Chi realmente conosce il significato di questa parola? Una volta si chiamava creanza. Un vecchio detto recitava “beati gli ultimi se i primi hanno creanza”, che tradotto significa soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità di quelle future di poter rispondere ai bisogni propri. Una sfida che abbraccia tre dimensioni: quella ambientale, quella economica e quella sociale.
Per affrontare questa sfida sempre più pressante, all’interno delle politiche agricole europee e italiane, a partire dagli anni ’90 hanno cominciato timidamente ad affiorare alcune delle principali tematiche collegate alla sostenibilità: la capacità produttiva dell’agricoltura, la crescente diversità delle zone agricole e rurali e le aspettative dei cittadini europei in materia di qualità degli alimenti, sicurezza, salute e ambiente, cui via via si sono aggiunte altre issues specifiche come biodiversità, cambiamento climatico, salvaguardia dello spazio rurale e benessere animale.
Anche le imprese hanno tentato di inserirsi nel tema proponendo schemi di certificazioni per misurare le performances di sostenibilità. L’effetto di tali certificazioni non è ancora soddisfacente in parte per l’eccessiva proliferazione delle tipologie, in parte perché le aziende hanno spesso utilizzato la sostenibilità esclusivamente come mero strumento di marketing.
Un modello italiano
Nella creazione di un nuovo modello di sviluppo sostenibile nel settore agricolo, l’Italia può dire sicuramente giocare un ruolo importante grazie ad anche ai valori che lo contraddistinguono : 260 miliardi di valore aggiunto annuo e 3,3 milioni di occupati.
In considerazione delle esperienze fin qui fatte dalle imprese, quello della sostenibilità può realmente rappresentare un nuovo paradigma per il settore agricolo italiano; dopo aver tracciato con successo negli anni Novanta gli orientamenti delle politiche europee, dettando le linee strategiche di sviluppo rurale, approccio multifunzionale e qualità certificata (Sistema DOP IGP), il comparto agricolo italiano oggi potrebbe indirizzare la produzione del cibo rispetto alle nuove e sempre più pressanti esigenze di occupazione, di etica, di rispetto dei territori e della società, di tutela dei diritti dei lavoratori e dei consumatori, di equità.
[blockquote size=”fourth” align=”left” byline=”]L’Italia può essere il capofila di nuovo modello agricolo più etico e più ecologico[/blockquote]
Per fare questo, è necessario che imprese, istituzioni e cittadini siano capaci di un approccio innovativo in grado di intervenire sui tre pilastri, economico, sociale e ambientale, in maniera analoga a quanto è stato fatto in passato per dare propulsione al sistema delle indicazioni geografiche.
Sul piano della sostenibilità sociale, ovvero della capacità di garantire condizioni di benessere umano, abbiamo molte sfide da affrontare, ma anche esperienze in grado di suggerire il metodo per farlo; proprio in questi giorni il Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e il Ministro della giustizia Andrea Orlando hanno presentato le linee guida sugli “agroreati” che interviene in maniera efficacie in questo ambito.
Le problematiche relative alla dimensione ambientale discendono direttamente dal legame tra agricoltura e territorio. Pensiamo alla stretta relazione che esiste fra i prodotti di qualità (DOP, IGP, BIO) e i territori che li esprimono. Possiamo immaginare che un buon prodotto possa provenire da un territorio inquinato o interessato da tensioni sociali per le attività agricole? Come reagirebbe un consumatore sapendo che un vino di qualità è frutto di un territorio in cui i cittadini e la società contestano l’alto tasso di inquinamento causato dalle stesse realtà produttive? Abbiamo ancora tutti negli occhi i danni che la Mozzarella di Bufala Campana DOP ha subìto dopo lo scandalo della “terra dei fuochi”, con lo sversamento incontrollato di rifiuti e i conseguenti roghi illegali. A partire dai rifiuti chimici per arrivare alle scorie nucleari, tutti noi, istituzioni pubbliche e privati cittadini, abbiamo il dovere di prenderci in carico la questione per assicurarci un futuro. In agricoltura sicurezza ambientale significa prioritariamente difesa dei fattori naturali di produzione, fattori che di questo passo sono seriamente a rischio.
Infine, l’aspetto della sostenibilità economica del sistema è collegato direttamente alla capacità dell’agricoltura di generare reddito e lavoro in territori e aree vulnerabili e a rischio di desertificazione sociale, come ad esempio le aree rurali montane. Molto spesso queste aree garantiscono un bacino di risorse naturali unico, per varietà e qualità, ma hanno la necessità di essere supportate da progetti di sviluppo sostanziosi. Senza un’attenta politica economica queste zone rischiano di diventare disabitate in tempi brevi.
Sul piano economico raggiungere alti standard di sostenibilità vorrebbe dire alzare in maniera consistente la competitività di tutto il sistema agricolo e agroalimentare. Il concetto di sostenibilità non deve ridursi infatti ad una buona prassi o ad un costo per le imprese, bensì significare per le imprese stesse un nuovo modo di essere competitive, in modo da operare sul mercato meglio degli altri. I paesi del Nord Europa in questo hanno molto da insegnarci.
Un cambiamento necessario
Sono le criticità reali ad indicarci quanto sia imperativo promuovere la sostenibilità del modello di produzione come strumento finalizzato a rendere maggiormente competitivo il sistema agricolo nazionale, che ad oggi genera gli alimenti più invidiati al mondo.
La transizione verso un’agricoltura sostenibile è dunque una meta obbligata, che richiede però un cambio di passo se la si vuole raggiungere in tempo utile. Per farlo occorre innanzitutto mettere a sistema le best practices, guardando alle molte iniziative già in atto e coinvolgendo le realtà impegnate sul tema della sostenibilità in agricoltura, per arrivare a costruire un modello efficiente e innovativo, all’altezza di vincere la sfida, di governare e indirizzare i cambiamenti in corso.
Bisogna superare prese di posizione apparentemente inconciliabili e antagonismi dannosi, come quello che vede opporsi i fautori del modello industriale e i promotori dell’agricoltura familiare, poiché se non saremo in grado di dare risposte utili, a rimetterci sarà la terra, il minimo comun denominatore di tutto il sistema.
E occorre essere proattivi e promotori di un movimento culturale che permetta di definire un approccio omogeneo del Paese Italia alla sostenibilità, da esportare in tutto il mondo. Certo si tratta di una sfida non facile per un territorio come il nostro, frammentato da interessi differenti e contrastanti, ma se non saremo in grado di affrontarla, potrebbe essere l’ennesima volta che perdiamo una grande occasione.
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Mauro Rosati
Direttore Generale Fondazione Qualivita[/column]
Fonte: L’Unità – Terra e Cibo
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