Il Consorzio di Tutela dei Fichi di Cosenza DOP, in collaborazione con università e enti di ricerca, sta sviluppando sistemi innovativi con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità economica e ambientale della filiera
La filiera della fichicoltura è da sempre una grande risorsa per il territorio cosentino. L’importanza e il pregio dei fichi essiccati prodotti in questa zona sono citati già in testi del XVI secolo e, dai primi del 1900, ne è nato un fiorente commercio di fichi essiccati sia in purezza sia lavorati, creando nella zona un’importante flusso commerciale con esportazioni anche all’estero. Con l’abbandono delle campagne, nel 1970 e 1980, però la produzione ha subito una drastica contrazione facendo diventare quella del “Fico Dottato di Cosenza” una coltura marginale. La perdita in termini economici e di biodiversità rappresentava un rischio non sottovalutabile per il territorio e pertanto, intorno ai primi anni 2000 un gruppo di aziende ha deciso di dare nuovo slancio alla filiera e al comparto. Partendo dalle campagne, le aziende coinvolte hanno incentivato la riconversione delle colture a ficheti, si sono occupate inoltre della valorizzazione del prodotto chiedendo – e ottenendo nel 2011 – la certificazione di Denominazione d’Origine Protetta per i Fichi di Cosenza DOP, costituendo infine, nel 2020, il Consorzio di Tutela dei Fichi di Cosenza DOP che provvede alla tutela e alla promozione del prodotto. Oggi, grazie all’attività del Consorzio, il comparto dei Fichi di Cosenza DOP ha ottenuto nuovo vigore e ha registrato una forte spinta alla produzione da parte degli agricoltori: il censimento Istat 2023 vede arrivare a 463 ettari la superficie calabrese coltivata a ficheto. Inoltre si registrano vendite per quasi 400.000 piante certificate di “Fico Dottato Bianco di Cosenza” (unica varietà ammessa per la produzione di Fichi di Cosenza DOP). Anche la notorietà del prodotto è decisamente aumentata valicando i confini regionali con l’utilizzo in pasticceria e gastronomia da parte di chef e pasticcieri rinomati. Tuttavia la filiera della fichicoltura si trova di fronte a nuove sfide portate soprattutto dagli effetti dei cambiamenti climatici e del calo delle rese agricole che ne consegue; per affrontare ciò, il Consorzio ha fatto appello alla ricerca scientifica per individuare efficaci strategie di difesa.
Consorzio di tutela dei Fichi di Cosenza DOP
riconosciuto con decreto ufficiale nel 2020 si occupa di tutelare, promuovere e valorizzare i Fichi di Cosenza DOP. Collabora attivamente, tra gli altri, con l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, l’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (ARSAC), coinvolgendo anche l’Accademia dei Georgofili, allo sviluppo di innovazioni per la filiera.
L’impegno del Consorzio per la sostenibilità
Sono state attivate, negli ultimi anni, attività di collaborazione con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria e con l’Università di Bari, nonché con enti di ricerca quali l’Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese (Arsac) che hanno portato avanti una serie di studi per individuare possibili soluzioni ai problemi della filiera visti da diverse angolazioni. Non ultima di importanza, il 20 settembre 2024 è stata organizzata una tornata accademica con la prestigiosa Accademia dei Georgofili durante la quale sono state presentate le ultime ricerche in corso (evento realizzato con il finanziamento FEASR-PSR CALABRIA 2014/2020 Misura 3 – Intervento 3.2.1- Annualità 2024). La giornata dal titolo “Innovazioni nella Filiera dei Fichi di Cosenza DOP” è partita dalla considerazione che “il cambiamento climatico rappresenta una delle più significative sfide del nostro tempo, con impatti che si estendono su molteplici aspetti della vita terrestre”. Nell’ambito delle piante agrarie, le colture frutticole perenni, a causa della complessità del loro ciclo vegeto-produttivo, più delle altre stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico, con significative ripercussioni sulla gestione dei sistemi produttivi, sulle rese e sulla qualità delle produzioni. Problematiche, che stanno spingendo i frutticoltori a focalizzare sempre più le loro attenzioni verso specie ‘neglette’ caratterizzate da un elevato grado di resilienza nei confronti del cambiamento climatico arrivando a definire che “il fico rappresenta senza ombra di dubbio una delle specie più interessanti per la sua rusticità, la tolleranza alla carenza idrica e la capacità di valorizzare le aree marginali degli ambienti aridi”. Tra gli areali italiani di coltivazione del fico, la Calabria rappresenta uno dei più importanti, in quanto in questa regione ha trovato un contesto pedoclimatico particolarmente favorevole che consente alla specie di estrinsecare al meglio le proprie attitudini produttive. Inoltre, storicamente, in Calabria, l’elevata vocazionalità dell’ambiente di coltivazione – con lo specifico della zona della provincia di Cosenza – è stata ulteriormente esaltata da alcuni elementi antropici che hanno permesso di aumentare ancora di più lo standard qualitativo della produzione, come testimoniato dal riconoscimento europeo per i Fichi di Cosenza DOP. L’ulteriore crescita della filiera, dipenderà molto dalla capacità di innovazione che essa avrà nel prossimo futuro.
I risultati degli studi
Tra i dati più interessanti – presentati dal Prof. Riccardo Gucci dell’Università degli Studi di Pisa nell’ambito dello studio “Il fico una coltura resiliente a carenza idrica e salinità” – è emerso come il fico si confermi, ad onore della sua fama, una coltura che resiste alla siccità e alla salinità del terreno; particolarmente buona è risultata la resistenza ad una media presenza di NaCl da parte della varietà “Dottato Bianco di Cosenza” rispetto alle varietà convenzionali: questo grazie ad una serie di adattamenti fisiologici della pianta, tra cui la chiusura parziale degli stomi, e il potenziamento dell’apparato radicale, che la portano a mantenere una buona produzione fruttifera anche con il 50% di acqua in meno rispetto a piante pienamente irrigate. Il prof. Rocco Mafrica dell’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria ha presentato la sua ricerca sui Nuovi modelli Colturali per la fichicoltura calabrese, testando sulla cultivar Fico Dottato nuovi sistemi di impianto colturale con intensificazione della densità per ettaro e forme di allevamento alternative al vaso tradizionale quali: Vaso, Ipsilon trasversale, Ipsilon trasversale, Ipsilon longitudinale, Cordone unilaterale, Cordone bilaterale con due densità d’impianto. Tra le tecniche testate le più promettenti sono risultate le forme di allevamento a parete che, unitamente alla maggiore densità di piantagione, hanno permesso di innalzare in modo significativo le rese, raddoppiando di fatto i quantitativi ottenuti dalle piante allevate a vaso. Altre ricerche (Qualità delle produzioni e fase di post-raccolta nel fico, prof. Giancarlo Colelli – Università degli Studi di Foggia; prof. Bruno Bernardi – Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria) hanno affrontato il problema della elevata deperibilità dei fichi freschi come criticità per il commercio studiando l’applicabilità di nuove tecnologie di confezionamento – es. l’uso dell’ozono e l’imballaggio in atmosfera modificata – testando diverse tipologie di trasformazione del prodotto – dalla tradizionale essiccazione, all’applicazione delle alte pressioni isostatiche – e verificando il prodotto finale attraverso tecniche ottiche non distruttive che garantiscano la qualità e sicurezza merceologica del fico fresco e trasformato. È stata inoltre condotta un’analisi del ciclo di vita sui Fichi di Cosenza DOP per valutarne la sostenibilità economico-finanziaria. Per fare ciò sono state utilizzate le metodologie Life Cycle Costing (LCC) “Conventional” con riferimento alla ISO 1586-5:2017, e studiati gli indicatori economico finanziari per la valutazione degli investimenti; questi dati sono stati applicati ad una valutazione comparativa della sostenibilità economica e profittabilità, paragonando impianti di olivo (per la produzione di olio sfuso), mandorlo (per la produzione di mandorle sgusciate) e fico (per la produzione di fico essiccato). La ricerca ha dimostrato come la coltivazione del fico è economicamente vantaggiosa sia in termini di Valore netto Attuale che di Tasso di Rendimento Interno, anche in caso di assenza di contributo pubblico (L’analisi del ciclo di vita per la valutazione della sostenibilità economico-finanziaria della fichicoltura in Calabria, Emanuele Spada, Giacomo Falcone, Anna Irene De Luca, Giovanni Gulisano – Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria).
Uno sguardo al futuro della filiera
Grazie alla collaborazione con università ed enti di ricerca la filiera della Fichicoltura Cosentina e calabrese dimostra di avere grandi potenzialità di successo ed incremento. I risultati di questi primi lavori mostrano la possibilità di raddoppiare la produzione ad ettaro (circa 120 quintali), documentano la capacità della pianta del fico di resistere alla siccità e alla salinità, individuano accortezze nella cura del terreno che permetteranno di impiantare a ficheto anche zone per ora non vocate alla sua coltura. Gli studi inoltre analizzano i diversi sistemi di cura e trasformazione del fresco per l’immissione sul mercato con un incremento della qualità e del valore del prodotto. Questi primi risultati rappresentato l’inizio del percorso intrapreso con passione ed impegno da parte del Consorzio di Tutela Fichi di Cosenza DOP, che si ripromette di integrare innovazioni lungo tutta la filiera produttiva con l’obiettivo di sviluppare il territorio e innalzare il valore della DOP, con uno sguardo alla sostenibilità economica e ambientale.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_04