Tante DOP e IGP nel vino, poche quelle che realmente producono. Tante da rischiare di far perdere vantaggio competitivo al settore. Sono 526 le denominazioni italiane enologiche, 408 DOP e 118 IGP.
Ma «oltre il 50% delle denominazioni vitivinicole non certifica o certifica una quantità al di sotto dei mille litri di vino all’anno. Un paniere così grande e non utilizzato di Indicazioni Geografiche non è vantaggio competitivo sui mercati, anzi rischia di sminuire il concetto di denominazione ed inserisce elementi distorsivi del percepito del nostro sistema», sottolinea a ItaliaOggi, Mauro Rosati, direttore della Fondazione Qualivita. «La normativa prevede già un meccanismo di cancellazione; è opportuno operare in tal senso facendo una revisione delle denominazioni italiane che non hanno un vero sistema produttivo dietro», dice Rosati».
Dai dati dell’Osservatorio Ismea-Qualivita il 65% (2,118 miliardi di euro) del valore totale del valore alla cantina (3,23 miliardi di euro) è realizzato da soltanto 20 tra DOP e IGP. Ce ne sono infatti 87 (17%) che non hanno nessuna quantità certificata, ovvero tra zero e 100 litri, 145 (28%) tra 100 e 1.000 litri e 232 (44%) con meno di mille litri. Ovvero 464 denominazioni che pesano poco o niente. Sul portale Qualigeo (www.qualigeo.eu), si scopre, tanto per fare qualche esempio, che in provincia di Catanzaro Valdamato ha un solo vinificatore, 1,3 ettari di vigneto e zero per produzione e fatturato. Anche nel senese, il Valdarbia non ha alcuna quantità rivendicata, nonostante 16 vinificatori iscritti; stesso discorso per il Trexenta nella provincia Sud Sardegna, con zero in tutte le voci o il Terre di Veleja, provincia di Piacenza.
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Fonte: Italia Oggi