Consumi. Molte marche rilevanti cavalcano l`onda della riduzione del prezzo dei listini per fronteggiare la flessione del potere d`acquisto, mentre altre optano per incrementi giustificati con i costi ambientali e sociali
C`è una generazione anagraficamente trasversale in costante equilibrio tra soddisfare i propri piaceri e monitorare le entrate e le uscite di denaro.
L’ha messa in scena McDonald`s nella sua ultima surreale campagna lanciata pochi giorni fa in Francia, mercato orientato ai servizi integrati ad un`attenzione maniacale sui prezzi.
Anche perché oltralpe l`inflazione ha picchiato duro. La pubblicità presenta una musica orecchiabile, metafore quotidiane, attori fuori dal comune e un tono divertente, irriverente, folle. Si raccontano i vantaggi del nuovo servizio di delivery M+, che propone gli stessi prezzi dei ristoranti unitamente all`accumulo dei punti fedeltà.
Oltre le vetrine patinate e autoreferenziali delle campagne marketing, oggi le marche più illuminate provano a instaurare una relazione più autentica con i propri pubblici partendo dall`elemento più rilevante e che in passato era quasi tabù: il prezzo dei propri prodotti o servizi, motivando riduzioni o aumenti.
Perché in un mercato competitivo e con una pluralità di competitor che affollano anche l`agone digitale, le strade da intraprendere possono essere due: tagliare o incrementare, motivando la scelta.
In entrambi i casi tutto ciò rispecchia una nuova forma di relazione più diretta nella parte finale del processo divendita, ossia nell`acquisto.
Così la vicinanza al cliente diventa concreta e misurabile. «Il pricing è entrato prepotentemente nello scenario competitivo rispetto al passato, anche alla luce dell`inflazione che abbiamo vissuto», afferma Sandro Castaldo, professore di marketing all`Università Bocconi.
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Fonte: Sole 24 Ore