Giornale di Reggio
Prosegue la moria degli allevamenti (nel 2011 -18%), mentre la razza locale viene soppiantata dai suinetti dell’Est o Nord Europa. Per rilanciare il maiale pesante, avviata una sperimentazione da cui nascerà un marchio. «Più maiali che abitanti»: così un tempo si stigmatizzava la nostra provincia, la cui ricchezza, dal dopoguerra in poi, e passata anche attraverso la suinicoltura su vasta scala. Un detto che è ormai solo un pallido ricordo, visto che la diminuzione degli allevamenti, iniziata dieci anni fa e che ha subìto una accelerazione a causa della crisi, ha quasi dimezzato il patrimonio zootecnico locale. «Nell’arco di dieci anni a Reggio abbiamo perso la metà degli allevamenti suinicoli e un 30% dei capi allevati – ha dichiarato l’assessore provinciale Roberta Rivi – Le cause possono essere individuate negli andamenti di mercato che per molti anni hanno penalizzato i suinicoltori, ma anche nella severità delle norme ambientali e nel progressivo restringimento degli spazi agricoli erosi dall’urbanizzazione, che ha reso difficile la convivenza tra aree urbane e aree rurali. In questa situazione così difficile, la ricerca ha un ruolo strategico», ha affermato l’assessore Rivi, nel concludere un seminario dal titolo “La produzione di suini e l’agricoltura reggiana”, organizzato dal CRPA nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale Regionale, in cui si è fatto il punto sulla ricerca nella provincia di Reggio in materia di suinicoltura.
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