Le foglie secche dell’autunno saranno anche l’amara metafora di un anno da dimenticare: arranca l’economia ed è a rischio perfino il lavoro. Ma la Valtellina che produce il Bitto DOP, mitico “re dei formaggi alpini”, sembra immune dal disastro che la lunga stagione-Covid sta provocando in quasi tutti i settori. Un’eccezione congiunturale o forse la forza di prodotti caseari eccellenti, che hanno conquistato in mercato. Tant’è che al Consorzio Tutela Formaggi Valtellina Casera e Bitto i sorrisi non sono formali, perché i dati sono positivi e se i due mesi duri del lockdown “sono stati un bagno di sangue, specie per il latte fresco e gli spalmabili”, come ama ripetere il presidente Vincenzo Cornaggia, i mesi successivi hanno consegnato un bilancio in termine di produzione e commercializzazione praticamente analogo a quello, ottimo, del 2019.
Parole sue : “È stata una buona annata“. Ed è un dato confortante a pochi giorni dalla Mostra del Bitto, evento che il 17 e 18 ottobre verrà proposto a Morbegno in una versione tutt’altro che sottotono, seppure in edizione limitata, con tanto di degustazioni (a Palazzo Malacrida), concorsi (nel Chiostro del Convento di Sant’Antonio), esposizione delle forme di Bitto DOP, banchi d’assaggio e vendita, menù speciali nei ristoranti. Ma anche vetrina assoluta di un comparto che dà lavoro a non meno di 650 valtellinesi (operatori caseari, agricoltori, stagionali, tecnici), con una crescente presenza di giovani (attorno al 15-20% del totale); che produce un fatturato di circa 15 milioni di euro (85% grazie al Casera, il 15% al Bitto); e che alimenta l’attività di grandi cooperative come quelle di Chiuro (lavorazione di 120mila quintali di latte l’anno) e Delebio (340mila quintali) e quella di caseifici di rilievo come Pedranzini a Bormio e La Fiorida in Bassa Valle.
Il presidente Cornaggia insiste: “Sarà una Mostra del Bitto più breve rispetto al solito. Ma nonostante l’obbligo della prenotazione online e le rigide precauzioni sanitarie, ci aspettiamo un buon successo di pubblico“. E aggiunge: “In questa edizione, metteremo da parte anche alcune forme di Bitto destinate ad essere poi esposte in occasione delle Olimpiadi Invernali 2026“. Un ottimismo che sembra esorcizzare un anno complicato e tortuoso: il Bitto della crisi non è un Bitto in crisi.
Fonte: Il Giorno