Numeri e tendenze dell’olio in Italia- Attraverso una descrizione del settore olivicolo-oleario italiano andiamo ad approfondire le criticità, le potenzialità del comparto insieme alle più recenti iniziative promosse nell’ambito di Oliveti Aperti 2022.
L’Italia è uno dei principali attori nella scena europea e mondiale del settore oleario rappresentando il secondo produttore di olio europeo con il 13% della produzione (dopo la Spagna con una produzione pari al 67%), il secondo produttore ed esportatore mondiale (RRN, 2020) ed essendo il primo consumatore e importatore mondiale.
L’industria olearia italiana, che con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro partecipa per il 3,2% al totale dell’industria alimentare, comprende la prima lavorazione delle imprese produttive, i frantoi, e la seconda lavorazione includendo l’attività di imbottigliatori, sansifici e raffinerie. Il settore oleario, di fatto, è caratterizzato dalla presenza di industrie imbottigliatrici di grandi dimensioni concentrate nell’Italia centro-settentrionale, per lo più con sede in Umbria, Toscana e Liguria, e un’elevata numerosità di aziende presenti al Sud, che talvolta imbottigliano e che, nella maggior parte dei casi, hanno un fatturato inferiore ai 20 milioni di euro (RRN, 2020).
La produzione maggiore è concentrata nelle regioni del Meridione, con la Puglia con oltre il 51% del totale, seguita fa Calabria (13%) e Sicilia (10%) (RRN, 2020). Il settore si caratterizza per un’elevata frammentarietà, con la presenza nel territorio di 4.475 frantoi e 646.326 aziende (Oleario), rappresentati da una scarsa capacità di aggregazione. Con 49 oli DOP IGP l’Italia è il Paese con il più alto numero di certificazioni in Europa nel settore olivicolo. Nonostante questo primato la produzione certificata rappresenta il 2-3% dei volumi totali. Questo deficit può essere colmato attraverso una maggior attenzione ad alcuni strumenti messi in campo come le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ed il decreto sull’oleoturismo. Secondo lo studio di Rete Rurale Nazionale la presenza di aree vocate alla coltivazione sia per qualità che per quantità, fa sì che si possa parlare di un “Macro distretto nazionale” composto da una pluralità di distretti locali, dal quale potrebbe emergere con forza l’identità biodiversa del Paese.
Il contributo del settore alla transizione
Il bisogno di un sistema alimentare sostenibile è essenziale per conseguire gli obiettivi climatici e ambientali del Green Deal e degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile e, al contempo per garantire l’incremento del reddito dei produttori primari e rafforzare la competitività dell’Unione Europea.
Il settore olivicolo presenta innumerevoli opportunità soprattutto:
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- nella contribuzione della tutela ambientale oltre che a quella paesaggistica;
- nel campo della bioeconomia attraverso l’uso di sottoprodotti come sansa e nocciolino;
- nel metodo di produzione biologica, che dovrà essere la base dei nuovi impianti olivicoli e anche di quelli in ristrutturazione già rappresenta il 12% delle coltivazioni italiane biologiche e poco più del 20% dell’intera superficie olivicola italiana;
- nella tutela della biodiversità in quanto la presenza di numerose varietà locali contribuisce alla preservazione di varietà più resilienti rispetto a condizioni climatiche avverse;
- nella fornitura di servizi ecosistemici tra cui l’approvvigionamento di frutti, materiali legnosi e combustibili, regolazione del clima e stabilizzazione del regime idrogeologico, valori paesaggistici e culturali
- nella produzione di prodotti con caratteristiche qualitative di alta qualità essendo uno dei prodotti simbolo della Dieta Mediterranea.
Gli attori
Sono presenti sul territorio nazionale 111 OP/AOP che operano nel settore olio di oliva/olive da tavola con un valore complessivo di produzione commercializzata (VPC) pari a 26.553.348,48 euro. Le OP/AOP sono diffuse prevalentemente nel Meridione e nelle Isole (64%), la regione che presenta il numero più alto è la Puglia (33) seguita dalla Calabria (18) e dalla Sicilia (11). Solo cinque OP/AOP hanno una VPC superiore a 1 milione di euro mentre un numero molto elevato presenta un valore di VPC nullo (RRN, 2020).
Le OP/AOP si trovano al centro dell’intervento settoriale, per questo dovranno essere attivate tutte le azioni possibili per il loro funzionamento soprattutto in termini di valore del prodotto commercializzato. Infatti, per l’olio si configura una modalità attuativa simile a quella dell’OCM del comparto ortofrutta con il sostegno rivolto ai programmi operativi delle OP/AOP. Il Regolamento fissa un tetto massimo di risorse europee di 34,59 milioni di euro/anno. Di base almeno il 20% delle risorse potrà essere utilizzato per interventi sul miglioramento dell’impatto ambientale dell’olivicoltura, almeno il 30% destinato al miglioramento della qualità della produzione e almeno il 15% per interventi sul sistema della tracciabilità, della certificazione e della tutela della qualità dell’olio di oliva e delle olive da tavola, in particolare il controllo degli olii venduti ai consumatori finali.
Il sostegno comunitario è collegato al valore della produzione commercializzata dalle OP/AOP con un massimale d’aiuto decrescente nel tempo (30% VPC nel 2023-24, 15% nel 2025-26, 10% dal 2027) (ISMEA, 2022).
Gli strumenti a disposizione
- PNRR: attraverso il decreto direttoriale del Mipaaf è prevista la destinazione di 100 milioni di euro per l’ammodernamento dei frantoi oleari
- Sviluppo rurale: previste azioni per investimenti in azienda olivicola, per la modernizzazione dei frantoi, per impegni agro-climatici-ambientali, per miglioramento della qualità, per lo scambio di conoscenze e informazioni e per la gestione dei rischi
- Eco-schema 3: prevede la salvaguardia olivi di particolare valore paesaggistico
- Pagamenti diretti per sostegno al reddito – attraverso il miglioramento qualità produzione, la mitigazione/adattamento cambiamenti climatici e la ridefinizione pagamento accoppiato per oli IG
- Interventi settoriali: previsti per il rafforzamento delle OP tramite la modernizzazione delle dotazioni strutturali (dalla fase agricola fino alla commercializzazione), miglioramento dei servizi offerti ai soci (servizi essenziali e mantenimento SAU), adesione ai regimi di qualità e l’attività di formazione e promozione.
A cura della Redazione
Fonte: Consortium 2022_02