Lo studio, condotto dal Politecnico di Milano e pubblicato sulla copertina di Nature, dimostra che l’uso più efficiente di sottoprodotti agricoli nelle diete animali può ridurre la concorrenza intersettoriale, aumentare l’approvvigionamento alimentare globale e diminuire l’uso di suolo e risorse idriche.
Le proiezioni sul consumo dei cereali indicano che il mercato globale di tali prodotti aumenterà fino a 3 Mld di tonnellate entro il 2030. Ciò dovuto principalmente a una maggiore domanda di cereali per uso mangimistico, seguito dalla domanda per uso alimentare e per altri usi (es. biocarburanti, plastiche green ecc). Attualmente il mercato cerealicolo si trova ad affrontare gravi carenze dovute alla combinazione della guerra Russo- Ucraina, degli effetti residui della pandemia di Covid19 sull’approvvigionamento e dell’attuale calo di produzione causato da eventi estremi sempre più frequenti indotti dai cambiamenti climatici. La competizione per l’uso di risorse naturali tra il settore alimentare e quello zootecnico è una delle maggiori problematiche legate al crescente consumo globale di prodotti di origine animale. La rivoluzione zootecnica, infatti, sta intensificando la produzione mediante sistemi industriali di allevamento che necessitano notevoli quantità di colture primarie da trasformare in mangimi concentrati. A oggi, un terzo della produzione globale di cereali è utilizzata nel settore zootecnico, a cui va aggiunta la produzione di insilati, foraggi e colture proteiche come la soia. La produzione di carne e latticini implica un elevato uso di suolo e d’acqua, soprattutto per la produzione dei mangimi. Ne consegue che la combinazione del notevole consumo di risorse naturali necessario alla produzione di carne e latticini con le proiezioni di aumento di consumo di tali alimenti fa emergere che soddisfare tale domanda costituisce una delle sfide del nostro secolo. Ciò è motivato dalla constatazione che acqua e terra sono risorse limitate e spesso utilizzate in modo insostenibile. Attualmente, nei Paesi ad alto e medio reddito, il consumo di prodotti di origine animale è elevato, lungi dal soddisfare una dieta sana e sostenibile, ed è quindi necessario trovare ulteriori strategie per ridurre sia l’impatto ambientale delle diete sia la competizione intersettoriale attraverso una gestione più efficiente dei sistemi alimentari. Le colture ad alto contenuto energetico come i cereali rappresentano attualmente quasi la metà dell’apporto calorico alimentare giornaliero ed è pertanto auspicabile, dal punto di vista della sicurezza alimentare, dare priorità al consumo umano diretto, piuttosto che al loro utilizzo in zootecnia. Ridurre l’uso di colture edibili negli allevamenti e sostituirle con mangimi meno impattanti può essere una strategia promettente, che si inserisce nel contesto dell’economia circolare. Molti studi hanno proposto strategie simili, ma la maggior parte simula scenari ipotetici di sostituzione, locali o regionali, senza garantire il rispetto delle normative sugli alimenti e sui mangimi, o senza considerare l’effettiva disponibilità di queste alternative. In aggiunta, a oggi manca uno studio globale e completo sugli attuali impatti ambientali della produzione animale e sui potenziali benefici derivanti dalla sostituzione dei mangimi convenzionali. Sebbene alcuni studi globali sull’uso del suolo associato alla produzione di mangimi siano disponibili, esiste un ampio divario nella letteratura sul relativo consumo d’acqua. In questo studio è stato calcolato l’uso di terra e acqua associato alla produzione di colture mangimistiche ad alto contenuto energetico (ovvero i cereali e la manioca) nel periodo 2016-18 e il potenziale risparmio di risorse che potrebbe essere ottenuto aumentando la loro sostituzione con sottoprodotti agricoli effettivamente disponibili, tra cui la crusca di cereali, la polpa di barbabietola da zucchero e di agrumi, la melassa, e i residui cerealicoli della distillazione.
Camilla Govoni, laureata in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio presso il Politecnico di Milano. Fa parte del gruppo di ricerca Glob3science e ha conseguito il Dottorato in Scienze e Ingegneria dell’Acqua presso il Politecnico di Milano, indagando la sostenibilità ambientale del settore zootecnico. Collabora con il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano.
Maria Cristina Rulli, professore Ordinario di Idrologia e Sicurezza Idrica e Alimentare presso il Politecnico di Milano. Dal 2021 è vicepresidente del Gruppo Italiano di Ingegneria Idraulica (GII) ed è Coordinatore del gruppo di ricerca Glob3science. Ha conseguito il dottorato di ricerca al Politecnico di Milano ed è stata ricercatrice associata presso l’Università della California a Berkeley.
Metodologia
L’uso zootecnico di colture energetiche e il relativo flusso di materie prime sono state mappate su scala regionale per studiarne la produzione e il commercio internazionale. Per l’analisi sono stati utilizzati dati nazionali sull’uso dei mangimi forniti dal database statistico della FAO, combinati con stime di disponibilità regionale dei sottoprodotti agricoli selezionati e con un’analisi di sostituzione. Un recente studio ha infatti utilizzato un’ampia indagine di letteratura per esplorare scenari di sostituzione di mangimi con sottoprodotti agricoli. Una volta ricostruiti i flussi, è stato calcolato l’uso di risorse naturali, qui definite come terra, acqua piovana e acqua di irrigazione, utilizzate nella produzione delle materie prime e il loro trasferimento “virtuale” attraverso l’import/export. A tal fine sono stati utilizzati dati di resa agricola e un modello agro-idrologico fisicamente basato e spazialmente distribuito. Infine, è stato valutato il risparmio di terra e acqua, e la rispettiva collocazione geografica, ottenibile dalla sostituzione, introducendo un metodo di allocazione che considerasse il valore economico e il costo ambientale dei sottoprodotti introdotti.
Risultati e discussione
Nel triennio 2016-18 sono stati utilizzati come mangime animale quasi 980 milioni di tonnellate di cereali e manioca. I maggiori consumatori sono stati l’Asia Orientale (27%), l’Europa (19%) e il Nord America (16%). Il 20% della richiesta di queste colture è stata soddisfatta tramite import. Di conseguenza, la distribuzione dell’uso di risorse naturali da parte del settore zootecnico non è omogenea, con pochi grandi Paesi produttori che dominano lo scenario globale. Le colture energetiche utilizzate negli allevamenti richiedono annualmente circa 185 milioni di ettari di terreno agricolo e 944 km3 di acqua (Figura 1). La produzione viene poi delocalizzata attraverso il commercio, creando flussi virtuali di risorse (Figura 2). In questi termini, l’Europa dell’Est e il Nord e Sud America risultano essere esportatori netti di terreni, mentre l’Asia e il Sud Europa sono importatori netti. L’Europa Occidentale, invece, importa alcune materie prime e ne esporta altre, creando di conseguenza flussi virtuali bidirezionali per le risorse connesse. Solo 81 km3 dei volumi d’acqua che contribuiscono alla produzione di queste colture provengono da irrigazione (“acqua blu”, prelevata da corpi idrici superficiali o sotterranei), mentre il resto da acqua piovana (“acqua verde”). L’analisi di sostituzione dimostra che ci sono sottoprodotti agricoli disponibili e adatti alla dieta animale sufficienti per sostituire 111 milioni di tonnellate di colture energetiche. Questo comporterebbe un risparmio tra i 15 e i 28 milioni di ettari di suolo, tra i 3 e 20 km3 di acqua di irrigazione e tra i 74 e i 138 km3 di acqua piovana, il tutto senza riduzioni nella produzione animale e tenendo conto del valore economico e del costo ambientale di questi sottoprodotti (Figura 1). Mentre i risparmi in Asia avverrebbero sia a livello locale che sull’import, il Nord America otterrebbe grossi risparmi domestici, essendo tra i principali produttori di cereali con una dipendenza limitata dall’import. Per quanto riguarda il risparmio di terra e acqua piovana, le regioni che trarrebbero maggiori benefici sarebbero l’Asia e l’Est Europa. Si stimano, invece, elevati risparmi d’acqua d’irrigazione in Asia, dove la produzione di cereali è tradizionalmente irrigata.
Conclusioni
Il settore zootecnico consuma ogni anno grandi quantità di colture energetiche sotto forma di mangime. La produzione di queste colture richiede l’uso di preziose risorse naturali, tra cui il 13% del terreno coltivabile globale e l’8% dell’acqua dolce utilizzata in agricoltura. Un uso più efficiente dei sottoprodotti agricoli nella dieta degli animali da allevamento può non solo ridurre una competizione intersettoriale e aumentare l’offerta alimentare globale, ma può anche diminuire la pressione sulle risorse terrestri e idriche che sono sempre più scarse. È interessante notare che, nonostante alcuni sottoprodotti agricoli possano essere utilizzati anche per il settore energetico o per altri scopi, il loro utilizzo come mangime sembra essere l’opzione più vantaggiosa e sostenibile. Inoltre, sebbene la sostituzione di colture energetiche sia vantaggiosa, costituendo esse buona parte della dieta animale nei sistemi di allevamento intensivo, sostituire con altri sottoprodotti anche altri mangimi come quelli da colture proteiche sarebbe una strategia necessaria per ridurre ulteriormente la pressione sull’ambiente. Difatti la produzione di colture proteiche, prima fra tutte la soia, rappresenta uno dei principali motori di cambiamento d’uso del suolo, di deforestazione su larga scala, di perdita di biodiversità e di emissione di gas serra. Inoltre, i sottoprodotti agricoli sono solo un esempio di un’ampia gamma di “mangimi alternativi” che possono essere introdotti nelle diete animali. I risultati mettono in luce anche il ruolo dell’Est Europa come granaio, non solo d’Europa ma del mondo. Il settore agroalimentare europeo svolge un ruolo importante nella geopolitica globale della sicurezza alimentare. La guerra in corso sta compromettendo le forniture e le scorte mondiali di cereali per tutti i settori. Questa crisi minaccia la sicurezza alimentare globale, soprattutto nei Paesi più vulnerabili e dipendenti dall’import. Pertanto, l’attuazione di nuove strategie per ridurre la domanda del settore zootecnico e la dipendenza dal commercio internazionale migliorerebbe la resilienza del sistema alimentare globale, anche in vista di future pandemie o altre interruzioni che potrebbero limitare la catena di approvvigionamento di alimenti e mangimi, come già avvenuto negli ultimi anni.
Riferimenti ricerca
Titolo
Preserving global land and water resources through the replacement of livestock feed crops with agricultural by-productsAutori
C. Govoni, P. D’Odorico, L. Pinotti, M. C. RulliFonte
Nature Food, 4, 2023
doi:10.1038/s43016-023-00884-w – https://www.nature.com/articles/s43016-023-00884-w
A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_01