Presidenti dei Consorzi di tutela e produttori davanti al tema dell’unione del mondo vitivinicolo veronese lanciato dal direttore di Cantina di Soave DOP. Il settore alle prese con la crisi aperta dalla pandemia ed ora con un nuovo obbligo imposto dalla Cina: un loro rappresentate per operare nel Paese.
La scommessa è riuscire a fare rete tra i Consorzi del vino del Veronese senza che ognuno perda la propria entità. E questa la risposta che arriva dai presidenti dei nove Consorzi di tutela e promozione dei vini DOP del Veronese alla proposta di creare un Consorzio unico delle Doc scaligere, lanciata sullo scorso numero di Primo Giornale da Wolfgang Raifer, direttore generale di Cantina di Soave, la più importante realtà produttiva del Veronese e prima cooperativa vitivinicola d’Italia con 2100 soci. Un tema che in realtà è da qualche mese sul tavolo dei due Consorzi più importanti e blasonati: Soave e Valpolicella.
«È vero, dell’argomento abbiamo parlato io e Sandro Gini, il presidente del Soave, qualche settimana fa – chiarisce Christian Marchesini, presidente del Valpolicella -. Ma è tutto ancora da definire e più che di un unico Consorzio, l’idea sarebbe di fare rete tra tutti i Consorzi del Veronese per abbattere i costi di gestione, sfruttare assieme le risorse interne e proporci con progetti più ambiziosi di promozione a Regione, Ministero dell’Agricoltura e, soprattutto, Unione Europea». L’argomento, però, potrebbe subire un’accelerata nei prossimi mesi, visto che ai primi di marzo è arrivato dalla Cina, il mercato in prospettiva più promettente per il vino veronese, un obbligo non da poco: i Consorzi di tutela, in quanto organizzazioni non governative, dovranno avere un rappresentante legale cinese per proseguire le attività programmate. A renderlo noto è stata Federdoc, che ha ripreso quanto sta analizzando la Sopexa francese: in pratica sarebbe l’applicazione in modo estensivo di una norma di legge cinese del 2017.
«La Federdoc ci ha informato di questo nuovo ostacolo che per noi è chiaramente un dumping camuffato – dice il presidente Gini dalla Casa del Vino di Soave -. Abbiamo subito chiesto l’intervento del Ministero dell’Agricoltura ed anche dell’Unione europea per far togliere questa norma alla Cina. Sarebbe un ulteriore costo e quindi, anche qui il fare rete ci aiuterebbe». E sul tema interviene anche Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio del Bardolino e dell’Avive, l’Associazione dei vini veronesi: «La crisi provocata dalla pandemia e questa nuova tagliola cinese possono accelerare un dialogo su un unione operativa dei Consorzi Veronesi aperto in realtà già da qualche anno. Io sono convinto che dobbiamo mettere a fattore comune alcune attività dei Consorzi per sfruttare la forza del Sistema Verona nel mondo del vino, che è paragonabile solo a quella del Bordeaux. Spero che le difficoltà da affrontare facciano superare certi campanilismi che fino ad oggi hanno bloccato questo percorso, e che la scelta alla fine venga fatta non per necessità ma per il progetto “Sistema Verona“».
Fonte: Primo Giornale Est Veronese