La Nazione
La Regione Umbria mette i paletti sulle seicento sagre che da primavera e fino all’estate impazzano in Umbria. La battaglia tra ristoratori e feste paesane che si protrae ormai da qualche anno, trova la sintesi in un disegno di legge regionale, che mette alcuni limiti alla ricerca di una tutela che guarda alla qualità della sagra da una parte e dei ristoranti che in alcuni periodi dell’anno vedono ridimensionato il proprio lavoro. Dunque chi vorrà organizzare la rassegna del proprio paese dovrà attenersi a regole precise a cominciare dalla qualità del cibo , passando per la garanzia di parcheggio e servizi per i disabili,non dimenticando la raccolta differenziata e le stoviglie biodegradabili. Si potrà usare il logo «Sagra tipica dell’Umbria» a determinate condizioni. Gli alimenti somministrati e indicati nei menù dovranno provenire, per almeno il 40%,da prodotti inseriti nell’elenco regionale dei prodotti agroalimentari tradizionali o comunque classificati e riconosciuti come DOP, IGP dalla Regione. In alternativa, gli stessi dovranno provenire, per la stessa percentuale da prodotti di filiera corta, a chilometri zero e di qualità. La disciplina sarà valida non solo per le sagre, ma anche per le Feste popolari non necessariamente legata alla valorizzazione del territorio. Il nuovo testo stabilisce il limite massimo di 10 giorni.