Il settore dei prodotti agroalimentari italiani di qualità certificata è in buona salute, ma ci sono margini per crescere. È la convinzione di Mauro Rosati, Direttore della Fondazione Qualivita, organizzazione senza scopo di lucro costituita 20 anni fa con l’intento di promuovere il settore agroalimentare italiano di qualità e in particolare la valorizzazione e tutela del sistema delle Indicazioni Geografiche.
Partiamo dallo scenario. Qual è lo stato di salute dell’agroalimentare Dop, Igp, Sgt italiano?
“I dati che stiamo elaborando in questi giorni per il rapporto economico sulla produzione 2021 mostrano ottimi risultati: nonostante la pandemia si sia fatta sentire e abbia indotto anche una lieve flessione nel 2020, la “Dop economy” ha mostrato una forte capacità di resistenza e una complessiva robustezza delle filiere. Stiamo parlando di un comparto che nel 2003 valeva 5 miliardi di euro e oggi si attesta intorno ai 17 miliardi e ha un peso di circa il 20% sull’agroalimentare nazionale e sull’export di settore, grazie al lavoro di 200mila operatori in tutta Italia organizzati in oltre 280 consorzi di tutela”.
Un risultato frutto, quindi, del lavoro di filiera…
“Non si tratta di un successo economico di un singolo settore. Il contributo delle filiere Dop Igp italiane negli anni è stato fondamentale per la creazione e l’affermazione di una notorietà e di un valore per tutta l’agricoltura e l’industria alimentare made in Italy, attraverso il prestigio riconosciuto di molte denominazioni del cibo e del vino: da quelle storiche come il Chianti Dop, il Parmigiano Reggiano Dop, il Grana Padano Dop o il Prosciutto di Parma Dop a quelle più recenti come il Prosecco Dop, l’Aceto Balsamico di Modena Igp, la Pasta di Gragnano Igp e la Burrata di Andria Igp, tanto per citarne alcune. Ma sono moltissime le filiere, anche piccole, che grazie al riconoscimento delle denominazioni hanno saputo sviluppare un sistema produttivo organizzato e competitivo.
Cosa aspettarsi per l’intero 2022?
È un anno complicato per il comparto agroalimentare e non solo. Nella fase produttiva già si scontano forti ricadute dello scenario macroeconomico sugli approvvigionamenti di materie prime e i costi energetici, a cui si sommano le pesanti incertezze date dalla mutazione dei mercati e dalla crisi climatica. Nella fase distributiva, inoltre, l’inflazione e la riduzione del potere di acquisto mettono a rischio i consumi di prodotti di qualità. Il mondo delle Dop deve anche fare i conti con la rigidità dei propri disciplinari che non permettono adeguamenti “in corsa” delle produzioni: rigidità che rappresenta il vero valore aggiunto del sistema, ma che in questa fase può essere un elemento di forte complessità nella gestione delle filiere produttive. Per il comparto vinicolo, invece, nonostante una buona annata in termini di qualità e quantità, aleggiano certe reticenze di Bruxelles che, dall’approvazione al vino senza alcol fino alle raccomandazioni di prevenzione e basso consumo, preoccupano gli operatori del settore. In tutto questo scenario le esportazioni saranno il riferimento positivo per la tenuta del comparto.
Quali sono i trend emergenti nel settore?
Il comparto dei prodotti di origine è per sua natura in continua evoluzione: il legame con l’origine e le tradizioni produttive territoriali non deve far dimenticare che la vera forza del sistema sta nell’apparato organizzativo e normativo, che permette uno sviluppo e una innovazione costanti. Inoltre si sta affermando in maniera forte in molte filiere del cibo e del vino di qualità il tema della sostenibilità ambientale, con lo studio e l’implementazione di processi produttivi più virtuosi da un punto di vista ecologico, anche attraverso certificazioni di sostenibilità, o interventi specifici come la variazione dell’altimetria delle aree di produzione per rispondere ai cambiamenti climatici e definire condizioni ambientali per produzioni migliori”.
Per concludere, quali sono le criticità e in che modo si può intervenire a livello legislativo?
“È in atto un importante processo di riforma legislativa del sistema delle Dop Igp a livello europeo che dovrà sanare alcune criticità emerse in questi anni, come ad esempio la tutela delle Indicazioni Geografiche nei mercati. Ma per un comparto che vive di regole come quello delle Dop- Igp occorre soprattutto un apparato burocratico più snello, con una pubblica amministrazione capace di dare risposte veloci, altrimenti si perde competitività: oggi per cambiare un disciplinare ci vogliono anni e questo non è più sostenibile. Ci sarà poi ancora molto da combattere a livello europeo contro il Nutriscore, che penalizza ingiustamente le nostre filiere Dop Igp e favorisce i cibi industriali. Infine, in un mercato sempre più attento all’impatto ambientale e alla salute delle persone in cui si affermano ‘cibi nuovi’ capaci di rispondere a queste sensibilità, la sfida principale delle Dop Igp italiane sarà l’innovazione della qualità. Un processo non semplice per un tessuto fatto di imprese di piccole e medie dimensioni con una bassa capacità di investimento; anche se esistono politiche a sostegno dei processi di modernizzazione come il Green Deal, la strategia Farm to Fork e il Pnrr”.
Fonte: Repubblica.it