Il tema è se continuare a chiamarla “Robiola di Roccaverano DOP” o denominarla più semplicemente “Roccaverano DOP”. Serve una modifica al disciplinare perché i tempi cambiano ed è sempre più necessaria l’identificazione immediata di un prodotto.
Nel tragico anno appena trascorso, tragico per sanità, economia e stato sociale, la Robiola di Roccaverano DOP ha vissuto a fasi alternate passando dal timore di vedere anni di lavoro del proprio mondo, uomini e donne, andare in fumo, fino al constatare con soddisfazione l`aumento della produzione. La paura del primo lockdown, quando con il fermo dei ristoranti e dei mercati rionali, buona parte delle forme di formaggio sono rimaste invendute nei caseifici; poi la scelta di affrontare la situazione rivolgendosi direttamente ai consumatori con un messaggio chiaro e veritiero sul momento negativo. E` stato infatti in quel preciso istante che il Consorzio di Tutela ha deciso di chiedere un aiuto ai consumatori che hanno risposto in modo esemplare con grande affetto e di questo gliene siamo ancora grati. Si sono attivati in centinaia, chi singolarmente, chi organizzando gruppi d`acquisto ma tutti con l`intento di non farsi mancare un prodotto di primissima qualità. Parallelamente il Consorzio e i singoli produttori non hanno perso tempo nell`organizzarsi con le vendite on line, porta a porta, con l`ausilio del nuovo sito internet garantendo le consegne a chi richiedeva il formaggio(…).
A questo punto si è capita la necessità di identificare al meglio il prodotto per non essere confusi con le tante Robiole che in Italia si producono, moltissime ormai anche a marchio GDO, tutte indubbiamente buone ma con caratteristiche che nulla hanno a che vedere con la Robiola di Roccaverano DOP che esprime una sua definita unicità. La Roccaverano è la Roccaverano e non va confusa. Confusa a livello mediatico, è ancora successo di recente su di una rivista nazionale, ma soprattutto non va confusa da parte di quel consumatore che desidera assaporarne le sue caratteristiche che la rendono uno dei formaggi più apprezzati d`Italia. Identificare con un nome chiaro, privo di doppi sensi, un prodotto e una terra significa dare valore ad entrambe, pensiamo ad altre produzioni casearie come l`Asiago, il Gorgonzola, il Ragusano e per rimanere in Piemonte si faccia riferimento al Castelmagno, al Murazzano e ne si potrebbero citare altri.
L`eventuale modifica al disciplinare non andrebbe a toccare il metodo di lavorazione e, anzi, con la proibizione di utilizzare anche gli NBT – i nuovi OGM – si vuole rafforzare e ribadire quel principio di precauzione che ha fatto già scegliere di proibire gli OGM, come previsto dall`attuale disciplinare, e che ha fatto diventare il nostro formaggio all’avanguardia di una decina di DOP italiane che hanno indicato come le biotecnologie invasive non servano per continuare a produrre un prodotto genuino, buono e rispettoso della biodiversità del lavoro contadino. Le potenziali modifiche del disciplinare andrebbero poi a sanare la zona di produzione del Comune di Cartosio, oggi interessato solo in parte, eliminando così un’altra piccola confusione ed inserendolo completamente il comune della Valle Erro nella zona di produzione. In poche parole escludendo il termine Robiola si darebbe una maggiore valenza al formaggio e si andrebbe ad evidenziare che non parliamo di forme quadrate, di latte vaccino, di robiole prodotte in più zone del bel Paese in svariate modalità: dalla più artigianale fino alla sfera industriale.
Fonte: Bra Oggi