Risorse idriche: la proposta è un programma di interventi almeno decennale per contrastare la siccità, già costata 30 miliardi.
Per “salvare l’acqua” servono 17,65 miliardi annui da inserire stabilmente nei bilanci dello Stato, in quota parte delle Regioni e dei Comuni e dei soggetti gestori. Con azioni, opere e interventi finanziari e legislativi che abbiano una gittata di almeno dieci anni, per poi continuare ancora con finanziamenti stabili e adeguati ai fabbisogni.
È questa la proposta formulata alla fine del rapporto “Water Intelligence” e dettagliata voce per voce: 13,8 miliardi dovrebbero andare alla gestione dell’acqua (tra cui7 miliardi per il servizio idrico integrato, con il 60% garantito da tariffa, 1,8 miliardi per 20 nuove dighe e 5mila piccoli e medi invasi, 1 miliardo per il disinterramento delle dighe, altrettanti per l’aumento della produzione idroelettrica) e 3,85 miliardi agli interventi contro il dissesto idrogeologico, tra cui le misure per la difesa del territorio (2,5 miliardi) e quelle per rafforzare tecnologie, monitoraggi e ricerca (1,5 miliardi).
“È l’ora dimettere a terra un ambizioso Piano nazionale per l’acqua, integrando tutte le competenze sparse in Italia in circa 3omila uffici tra ministeri, enti e soggetti”, sostiene Erasmo D’Angelis, ex sottosegretario alle Infrastrutture nel Governo Letta ed ex responsabile di #ItaliaSicura.
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Il costo della siccità morde e morderà ancora di più in futuro: si calcolano oltre 30 miliardi di euro complessivi negli ultimi vent’anni per gli esborsi pubblici legati a stati di emergenza e ristori alle categorie colpite. Dal 2000 i risarcimenti e la spesa sono andati dai circa 5oo milioni di quell’anno ai circa 12 miliardi per il 2022-2023 dall’agroalimentare all’industria e alla produzione idroelettrica, dal servizio idrico integrato alle ordinanze di Protezione civile per autobotti, by-pass temporanei, impianti di pompaggio supplementari, ricerca di nuovi pozzi e sorgenti.
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Fonte: Il Sole 24 Ore