C’è chi non brinda di fronte all’exploit di vendite in pieno Covid, ma corre invece ai ripari per cercare di stabilizzare il mercato riducendo la produzione e ponendosi l’obiettivo di chiudere l’anno in linea con le performance del 2019 e non con il +32% registrato nel mese di maggio: è il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano che dà lavoro a oltre 5omila persone tra le 3mila stalle e i 33o caseifici, accentra più del 115% della produzione italiana di latte fresco e restituisce “lingotti” (3,75 milioni di forme lo scorso anno) che valgono 1,5 miliardi di euro alla produzione ma ben 2,6 miliardi al consumo (per oltre il 40% export).
Una filiera messa sottosopra prima dai dazi di Trump e dalla Brexit, che hanno fatto crollare le quotazioni del 30%, e poi dal Covid. L’effetto lockdown ha invece spinto all’inverosimile i consumi domestici di formaggi a lunga durata e ad alto valore nutrizionale (+15% le vendite in volume di Parmigiano sui mercati esteri nei primi sei mesi del 2020 e +5,2% in Italia) e fatto schizzare i prezzi nei supermercati, ma non gli incassi per allevatori e casari, che continuano a lavorare sottocosto. Al punto che il Cda del Consorzio ha dato il via a misure senza precedenti per ristabilire l’ordine.
«Abbiamo battezzato questa strategia “sgabello a tre gambe“, perché se ne manca una, la struttura non regge», spiega il presidente del Consorzio di tutela, Nicola Bertinelli, uscito dal Cda che ha appena deliberato il ritiro di 16omila forme di Parmigiano reggiano dal mercato, sulla scia delle decisioni assunte dall’assemblea dei soci lo scorso 24 giugno. Nicola Bertinelli. Presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano «Questa è la prima gamba: come consorzio ci facciamo carico del 15% della produzione settembre-dicembre 2019, stagionando noi nei magazzini 16omila forme pagate al prezzo prefissato di 8,25 euro al kg, perché 8 euro è il costo di produzione, e abbiamo già ricevuto adesioni per coprire tutto il plafond», precisa il presidente.
La seconda gamba dello sgabello è la valorizzazione del prodotto, puntando sulla lunga stagionatura: debutterà a Natale lo stagionato 40 mesi che per quest’anno ha messo in pista 20 milioni di euro di investimenti in marketing mirando a promuovere la “brand identity” del re dei formaggi. «La terza gamba serve a ridurre i volumi produttivi – spiega Bertinelli -. Abbiamo inasprito del 20% la contribuzione aggiuntiva per i produttori che sforeranno nel 2021 le quote assegnate di latte e formaggio e, dall’altro lato, copriremo il 70% della perdita per chi deciderà di vendere il latte in sovrappiù all’industria lattiero-casearia italiana, al di fuori quindi della filiera». Il Consorzio sta dialogando con i grandi player del Nord Italia, Parmalat-Lactalis, Newlat, Gran.arolo e Virgilio, che sono anche i principali utilizzatori di latte per fare prodotti non a indicazione geografica, cui girare 5oomila quintali di latte certificato. Latte che costa 10 euro in più al quintale rispetto al prodotto normale: il Consorzio riconoscerà 7 euro ai soci disposti a “svendere” parte del loro latte. «Siamo fiduciosi – conclude Bertinelli -. Dal 24 giugno a oggi le quotazioni hanno iniziato a risalire da 7,2 euro/kg di giugno ai 7,65 di ieri per Io stagionato 12 mesi. Puntiamo ad arrivare in autunno a superare gli 8 euro».
Fonte: Il Sole 24 Ore