In Piemonte, e ancor di più nelle zone montane, la gente è schiva e non ama troppo mostrarsi né pubblicizzare i propri prodotti: forse è per questa ragione che tutto qui ha un sapore più autentico e lontano dagli standard preconfezionati, di cose e persone, a cui ormai purtroppo siamo abituati. Il laboratorio è semplice ed essenziale, così come gli attrezzi per produrre questo formaggio. Il latte utilizzato dal malgaro è crudo, visto che il disciplinare dà la libertà di scegliere se partire da questo o da quello stabilizzato. Infatti il Raschera DOP può essere preparato con l’uno o con l’altro, L’unica differenza sta nella durata della stagionatura che, nel caso del latte crudo, sarà più lunga, ossia di minimo due mesi contro i trenta giorni di quello nato dal prodotto stabilizzato.
Nel nostro caso, il latte munto in mattinata è già stato posto a riposare con il caglio, che impiega un’oretta ad agire. Mentre attendiamo che sia tutto pronto, apprendiamo che questo giovane produttore ottiene la materia prima solo dalle mucche di razza piemontese, che producono da tre a sei litri al giorno, contro i venti-trenta di altre razze: si tratta dunque di un latte con standard di qualità molto elevati, grazie anche al benessere degli animali che offrono quantità ridotte sì, ma che non vengono stressati da ritmi eccessivi di produzione. Mediamente comunque per la lavorazione del Raschera DOP da ogni litro di latte si ottiene circa un etto di formaggio, quindi si tratta di una produzione piuttosto di nicchia.
Fonte: Cucina e Vini