Dopo 30 anni va in archivio in Europa il regime delle quote latte con un senso diffuso di liberazione che nasconde parallelamente molte insidie. Si può produrre latte quanto si vuole, senza più vincoli e senza freni. Sarà il mercato e l’andamento dei prezzi a determinare le dinamiche future. Non pare esserci rimpianto per il modello vecchio, ma sicuramente la fase di transazione si rivela con tutte le sue scomodità.
C’è anche chi -seguendo strade differenti- sta impostando scenari ibridi: adottando quote “private” e pilotando la difesa del prezzo. È il caso di alcuni consorzi DOP. Scenario globale li futuro è legato a dinamiche mondiali. Che vede alcune aree (come quella europea) in sovraproduzione rispetto al fabbisogno interno e altre (per esempio in Asia) deficitarie. L’UE vede nell’affermazione dei mercati emergenti l’occasione per consolidare il ruolo di leader dell’export: e per questo dice addio alle “sue” quote di autodisciplina. E invita gli italiani ad approfittarne come gli altri produttori europei.
L’embargo russo ha creato problemi nuovi. Il nuovo livello dei cambi dell’euro offre, al contrario, una serie di opportunità. Nel prossimo semestre l’incremento UE non dovrebbe rivelarsi esagerato e potrebbe restare al di sotto del 2%. L’Italia? Trasforma la metà del proprio latte in formaggi a certificazione d’origine e l’autoapprovvigionamento arriva a circa due terzi del fabbisogno esponendo il sistema alle dinamiche internazionali.
Fonte: Mark Up