Libero Mercato
La tutela del made in Italy torna al centro del dibattito politico. Ieri alla Camera era in programma la discussione di sette mozioni (in rappresentanza dell’intero arco parlamentare) che chiedono al governo un impegno concreto sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari. Oltre al made in Italy tarocco di cui sono letteralmente invasi negozi e supermercati ai quattro angoli del mondo (e che vale 60 miliardi di euro) ci sono pure a casa nostra migliaia di finti prodotti italiani che fanno concorrenza sleale ai veri. Pastaprodotta a partire da farina ucraina e canadese, olio extravergine che di italiano ha soltanto l’etichetta applicata alla bottiglia, sughi di pomodoro rossi come la bandiera del Paese da cui proviene la materia prima. E allora diamo una bella stretta e obblighiamo tutti a indicare sulla confezione l’origine degli ingredienti, rivalutiamo i cibi a chilometri zero e se un prodotto è ottenuto a patire da materie prime straniere, scriviamolo chiaramente. Le mozioni chiedono in sostanza al governo di assumere una forte iniziativa, per far applicare la legge 4 del 2011, dedicata proprio alle etichette di filiera trasparenti.