La Repubblica
E quelle botticelle di legno pregiato potessero parlare racconterebbero dell’impegno e la passione di intere generazioni, di lunghi travasi, del profumo di mosto d’uva cotto. L’Aceto Balsamico di Modena IGP è figlio nobile di quelle zone appartenute al Ducato Estense e di produttori caparbi disposti ad aspettare anche 12 anni prima di poter raccogliere il frutto del loro impegno. È il caso dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, prodotto con solo mosto d’uva cotto in caldaie a cielo aperto, fiore all’occhiello di produzioni spesso a carattere familiare.
Da non confondere con l’Aceto Balsamico di Modena IGP, miscelato ad aceto di vino, per un affinamento minimo di 2 mesi. Due i consorzi a tutela dell’oro nero dell’Emilia Romagna. Il primo, presieduto da Enrico Corsini, vigila su un processo laborioso tramandato da padre in figlio. Duecento aziende associate, per una produzione di nicchia limitata a circa 90mila ampolline da 100 ml, firmate Giugiaro, con prezzi anche oltre i 100 euro. 11 Consorzio tutela Aceto Balsamico di Modena IGP, guidato da Stefano Berni, invece, riunisce oggi una cinquantinadi aziende rappresentative di oltre il 98% dell’intera produzione. Un elisir dal bollino bordeaux destinato al largo consumo, per un valore di mercato paria 600 milioni di euro. Il terremoto del 2012 e le recenti alluvioni, nonostante i danni agli impianti, ai macchinari, alle botti, non hanno scoraggiato i produttori. A Motta di Cavezzo, il titolare di Acetum, una delle aziende maggiormente colpite, ha reagito con grande tempestività. «Abbiamo riportato danni agli immobili per circa 12 milioni di euro – spiega Cesare Mazzetti – ma grazie alla tolleranza dei clienti, all’aiuto dei cittadini e dei colleghi che ci hanno permesso di continuare il lavoro presso i loro stabilimenti, la produzione è ripresa a pieno ritmo».