Italia Oggi
Dagli Stati Uniti all’Indonesia, da Mosca a Singapore, gli scaffali dei supermercati sono pieni di prodotti aventi nomi, claim o etichette che richiamano il Made in Italy. Soltanto negli Stati Uniti, l’italian sounding sviluppa un volume d’affari che è stimato in 20 miliardi di dollari e certamente l’alimentare è il settore più colpito dalla contraffazione. Dal «Parmesao» portoghese al «Grana Parrano Originale», dal «Real Asiago Cheese» prodotto in Wisconsin al «Salam Napoli» rumeno, dalla «Daniele Sopressata» statunitense alla pasta «San Remo», ai sughi «Prego» o ai «Bocconcini Bellezza della Puglia» rigorosamente Made in Australia: nei carrelli c’è solo l’imbarazzo della scelta. Navigando nel web, la situazione non cambia più di tanto. Con un click è possibile acquistare del Chianti prodotto
dell’americana Cantina Franzia e venduto in bag-in-box da 5 litri o del Chianti Carlo Rossi del Gruppo Gallo prodotto in California e presentato come «Classic Italian table wine». Lo stesso vale per il Prosecco e dopo il «Prisecco» prodotto in Germania e la «King Valley Prosecco Road» australiana, dal Brasile arriva l’espumante «Garibaldi Brut Prosecco», prodotto dalla «Vinicola Garibaldi», nel comune brasiliano di Garibaldi, nella zona di Rio de Sol.