Grazie a un convegno organizzato dalla Delegazione di Rovereto dell’Accademia italiana della cucina e coordinato dalla giornalista e accademica Francesca Negri – le cinque più importanti guide gastronomiche italiane si siano trovate tutte assieme per parlare del valore che il loro lavoro ha per il territorio e per la cucina regionale.
Il titolo dell’incontro era “Le guide gastronomiche nazionali e la cucina regionale italiana”: un tema ambizioso, che ha voluto puntare i riflettori sull’importanza delle guide per lo sviluppo culturale e turistico di un territorio, perché la cucina racchiude tutto questo, ovvero la storia, la cultura, le tradizioni e anche il lato leisure di un luogo.
Non solo, il turismo enogastronomico è costantemente in crescita: i turisti enogastronomici sono saliti al 30% secondo il “Primo Rapporto sul turismo enogastronomico italiano”, presentato a gennaio di quest’anno e curato dall’Università degli studi di Bergamo e dalla World Food Travel Association, con il patrocinio di Touring Club, Ismea Qualivita, Federculture e la collaborazione di Seminario Veronelli e The Fork- TripAdvisor. Un dato che dichiara come l’enogastronomia sia passata da un ruolo “accessorio” a componente in grado di influenzare le scelte di viaggio.
A questo si aggiungono i dati FIPE relativi al 2017: la ristorazione italiana, con 41 miliardi di euro di valore aggiunto, è il settore trainante della filiera agroalimentare italiana, più importante di Agricoltura e Industria Alimentare. Nonostante questo, a oggi non esiste una classificazione istituzionale dei ristoranti, come invece accade per gli alberghi. Anche per questo motivo le guide gastronomiche italiane hanno un ruolo fondamentale e sono così ambite da chef e ristoratori. Come funzionano queste guide? Quali sono le differenze tra di loro e soprattutto cosa portano in valore ai ristoranti che riescono a essere inseriti in guida e, ancora di più al territorio dove questi ristoranti si trovano?
Fonte: enopress.it