Il presidente Capanna: “Il dialogo internazionale è l’unica soluzione per permettere ai nostri prodotti di ampliare gli orizzonti commerciali”
A sud della Via Emilia, tra il fiume Enza e il torrente Stirone, nasce il Prosciutto di Parma DOP. È in quest’area estremamente limitata della provincia di Parma che ci sono le condizioni climatiche ideali per la stagionatura naturale del Prosciutto di Parma. Siamo in un territorio ricco di tradizioni e di sapori di eccellenza, da sempre particolarmente vocato alla lavorazione dei salumi. La storia del Prosciutto di Parma affonda le sue radici in tempi lontanissimi. Già nell’antica Roma, III sec. a.C., Catone il Censore, descriveva una ghiotta conservazione delle cosce di suino, ottenuta con la salatura e successiva asciugatura; una tecnica di lavorazione tuttora utilizzata nella produzione del Prosciutto di Parma DOP. Nel 1963, 23 produttori capiscono l’importanza di lavorare insieme per difendere e promuovere il prodotto: costituiscono così il Consorzio del Prosciutto di Parma e danno vita a un modello economico fatto di piccole e medie aziende familiari, legate a un singolo prodotto e al suo territorio. Oggi i produttori sono 145 e il Prosciutto di Parma, DOP dal 1996, continua a mantenere inalterata la sua identità: un prodotto naturale fatto solo con carne italiana, lavorata con sale marino, senza conservanti, né additivi. Per conoscere le diverse attività, ma soprattutto le diverse iniziative per favorire l’export del Consorzio Prosciutto di Parma DOP e la sua posizione, abbiamo intervistato il presidente Vittorio Capanna.
Qual è la posizione del Consorzio in merito agli accordi di libero scambio?
Per un prodotto DOP come il nostro, gli accordi commerciali – in particolare con i Paesi Terzi – hanno una valenza estremamente positiva, perché rappresentano uno strumento utile per regolare il commercio e renderlo più economico. Le guerre dei dazi in generale non sono mai vantaggiose: né per le aziende che non possono accedere liberamente ai mercati e a competere efficacemente, né per i consumatori, perché per loro tutto questo si traduce in prezzi più alti e talvolta in una scelta più limitata. Riteniamo pertanto che il dialogo internazionale sia l’unica soluzione per permettere ai nostri prodotti di ampliare i propri orizzonti commerciali. Valutiamo positivamente il CETA, per esempio, poiché oggi ci consente di vendere il Prosciutto di Parma in Canada con la corretta denominazione, garantendo al contempo una protezione legale al nostro prodotto. Prima, infatti, il Prosciutto di Parma era venduto in Canada con un altro nome, perché il marchio “Parma” era stato acquistato da una società canadese.
Come vanno le esportazioni?
Anche se nel 2018 abbiamo registrato una flessione dei volumi di vendita, il trend di lungo periodo è decisamente positivo poiché le nostre esportazioni sono aumentate di oltre 500.000 pezzi in dieci anni. In quest’ultimo quinquennio abbiamo puntato al mercato americano che riteniamo quello con maggiori potenzialità di crescita per il Prosciutto di Parma. I risultati ci hanno dato ragione: oggi gli Stati Uniti, con un fatturato di 54 milioni di euro, sono diventati il nostro primo mercato per le esportazioni, seguiti da Francia, Germania, Inghilterra, Australia e Giappone. Il Prosciutto di Parma è esportato in oltre 90 Paesi e la nostra priorità è proprio quella di continuare a mantenere questa diversificazione geografica.
Quali sono le iniziative per sostenere le esportazioni?
L’attività principale del piano promozionale all’estero è rappresentata dalle degustazioni all’interno dei punti vendita. Questo per dare visibilità al Prosciutto di Parma e stimolarne l’acquisto, ma anche per instaurare buone relazioni con la distribuzione. Collaboriamo in tutto il mondo con la ristorazione e svolgiamo attività di formazione tecnica sul prodotto per il personale specializzato. Lavoriamo inoltre con altre importanti DOP in progetti cofinanziati dall’Unione Europea, in particolare in Cina, Giappone e nel Nord America, al fine di valorizzare le nostre produzioni agroalimentari di eccellenza per contrasto al fenomeno dell’Italian Sounding e portare così il consumatore a una scelta d’acquisto consapevole.
E il mercato italiano?
La ripresa dei prezzi di vendita del Prosciutto di Parma, unita a un significativo aumento delle quantità prodotte e immesse sul mercato, hanno contribuito al rallentamento degli acquisti da parte della distribuzione moderna, con la conseguente diminuzione dei prezzi di vendita. Sulla base di questi elementi, il nostro lavoro sarà quello di concentrarci all’interno dei punti di vendita moderni, dove il Prosciutto di Parma è la marca leader del banco taglio, enfatizzandone gli elementi di distintività. Altro obiettivo è quello di presidiare meglio le occasioni di consumo diverse dai pasti principali per un’ulteriore crescita del Prosciutto di Parma come marca versatile e presente nei momenti della vita quotidiana delle famiglie italiane. Da qui l’esigenza di concentrare la nuova strategia di comunicazione anche sulle occasioni fuori pasto che stanno registrando, tra l’altro, trend di crescita molto interessanti.
Quali sono le sfide future per i prodotti tutelati?
La qualità resta l’obiettivo comune per tutti i prodotti tutelati e l’impegno per ogni anello della filiera produttiva. Bisogna prendere atto tuttavia che i tradizionali valori legati al territorio e alla tipicità, non sono più sufficienti ad assicurare un vantaggio competitivo spendibile sul mercato. Il consumatore moderno non è più interessato soltanto all’acquisto di prodotti tradizionali, ma presta un’attenzione crescente alle modalità di produzione: il concetto stesso di qualità include oggi molteplici altri aspetti legati per esempio alla sostenibilità e al benessere animale. È una sfida molto complessa, e questo è il momento giusto per agire.
A cura di Geronimo Nerli
Fonte: Consortium 2019/02