La zona di produzione corrisponde al bacino del fiume Panaro e la materia prima deve essere accuratamente selezionata Solo dopo controlli rigorosi gli ispettori appongono il marchio
Si fa presto a dire prosciutto. Ma la storia di questo prodotto dell’ingegno umano, che declinato sul territorio modenese può diventare una prelibatezza come il Prosciutto di Modena DOP, ha una genesi quanto meno millenaria.
Le sue origini affondano infatti in tempi antichissimi, probabilmente addirittura all’età del bronzo: pare siano stati i Celti che introdussero la pratica di conservare le carni col sale.
In seguito, i Romani affinarono la tecnica e sui banchetti comparvero porchette, salsicce e, appunto, prosciutti. Gli stessi soldati romani partivano per lunghissime campagne, già nei primi secoli dopo Cristo, con rilevanti quantità di carne suina salata e prosciutti, provenienti dalla florida pianura del Po.
Insomma, vale a dire: il prosciutto è nato come una sorta di necessità (conservare cibo a lunga scadenza) e, oggi, è invece una delle proposte più raffinate a base di carne. La zona di produzione del Prosciutto di Modena DOP corrisponde alla fascia collinare e alle valli che si sviluppano attorno al bacino oro-idrografico del fiume Panaro.
Partendo dalla fascia pedemontana, non si superano i 900 metri di altitudine, comprendendo anche porzioni di territori delle province di Bologna e di Reggio Emilia. Le fasi di lavorazione del prosciutto, dalla salagione alla stagionatura completa, hanno luogo esclusivamente nella zona tipica indicata dal disciplinare della DOP.
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Fonte: Il Resto del Carlino