Una ricerca condotta dall’Università di Pisa analizza i punti di forza e di debolezza dei prodotti tradizionali nella promozione del turismo rurale e del Turismo DOP, e sottolinea l’importanza di un’offerta turistica integrata e di una strategia di comunicazione adatta anche ai turisti stranieri
I prodotti a Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP), così come i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) vantano caratteristiche uniche che li rendono strumenti preziosi per promuovere in una maniera sostenibile i territori rurali dove vengono prodotti. In questo contesto, i prodotti di aziende agricole localizzate sulle antiche vie della transumanza, rappresentano un ulteriore asset per differenziare l’immagine del territorio in un contesto competitivo sempre più dinamico.
Lo scopo di questo lavoro, realizzato nell’ambito di un progetto Interreg Marittimo denominato CambioVia è stato triplice: analizzare il grado di comprensione da parte dei turisti italiani e stranieri delle certificazioni DOP, IGP, PAT; valutare il livello di interesse nei confronti dei prodotti agroalimentari realizzati ”secondo la tradizione” e se questi possano fungere da potenziale fattore di attrazione; e individuare delle strategie per attirare visitatori e promuovere i prodotti tradizionali, favorendo l’economia locale.
Ariela Bankier, consulente nel campo del turismo e CEO di Travel Italy Guru, un tour operator specializzato in turismo enogastronomico e turismo rurale esperienziale. Si è laureata in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali presso l’Università di Pisa e ha pubblicato delle guide sull’Italia. Collabora come docente con varie organizzazioni.
Metodologia
Un questionario semi-strutturato di 18 domande è stato somministrato a un campione di convenienza di 100 persone, composto da 39 italiani e 61 stranieri. La somministrazione del questionario si è svolta nell’arco di tre mesi, in diversi contesti: nelle città di Firenze, Lucca e Pisa; in due festival gastronomici (il Mercato Internazionale del Tartufo Bianco a San Miniato e il Desco Food Festival a Lucca); e tramite interviste telefoniche. Le risposte sono state codificate utilizzando un software per la gestione dei dati qualitativi (MAXQDA), permettendo l’identificazione dei principali temi emergenti. Considerato il carattere esplorativo dello studio, le domande erano prevalentemente aperte, con la possibilità di fornire risposte multiple. Ai partecipanti è stato chiesto, tra l’altro: di descrivere la loro giornata ideale nella campagna Toscana; di indicare i fattori più attraenti della regione; di definire il loro livello di interesse per il cibo; di condividere le loro conoscenze sui cibi DOP, IGP, e PAT; di indicare la loro disponibilità a visitare le zone di produzione di questi cibi; di specificare quali fattori potrebbero incentivarli a visitare un’area rurale di produzione; e di indicare l’interesse a visitare una zona rurale se la visita in azienda fosse accompagnata da un’attività complementare (come ad esempio da una lezione di cucina o una escursione). Inoltre, è stato chiesto ai partecipanti se preferiscono le aziende che adottano pratiche di produzione sostenibile, e se sarebbero disposti a pagare un prezzo più alto per un’attività di turismo esperienziale (lezione di cucina) che impiega esclusivamente prodotti locali.
Risultati e discussione
I risultati del questionario evidenziano che il cibo rappresenta uno degli elementi più attrattivi della Toscana (menzionato nelle risposte codificate del 78% degli intervistati). Alla domanda “Descrivi la tua giornata ideale nella campagna toscana”, la possibilità di gustare cibo italiano e godersi un buon pasto con vista panoramica ricorre frequentemente nelle risposte. Su un totale di 342 codici identificati, ben 112 riguardano cibo e vino. Inoltre, 41% degli italiani e 46% degli stranieri si sono autodefiniti “foodies” (appassionati di cibo), rivelando la presenza di un segmento di mercato particolarmente interessato alle esperienze culinarie.
La seconda sezione del questionario indagava la conoscenza dei prodotti tradizionali. I risultati evidenziano una netta disparità tra turisti italiani e stranieri in termini di familiarità con le denominazioni DOP, IGP e PAT. Tra i 39 partecipanti (su 100) che non conoscevano né il termine ”DOP” né il termine ”IGP”, 38 erano stranieri. I prodotti DOP risultano più noti rispetto agli IGP, e la conoscenza dei termini DOP e IGP è maggiore tra i “foodies”: su 28 “foodies” stranieri, il 64,3% conoscevano almeno il termine DOP. Tra i 16 “foodies” italiani, tutti gli intervistati conoscevano almeno il termine DOP. Pur conoscendo i termini, non tutti gli intervistati ne comprendevano appieno il significato. Quando invitati a spiegare che cos’è un prodotto DOP/IGP a parole proprie, le risposte sono state variegate: 49 partecipanti hanno menzionato nella loro risposta un legame tra il prodotto e il suo territorio, 26 hanno associato i termini a un riconoscimento della qualità del prodotto, e 28 hanno fatto riferimento a un sistema di garanzia. Questi dati suggeriscono che una strategia di marketing basata sul riconoscimento di un prodotto agroalimentare come DOP o IGP sia più efficace su un target di consumatori italiani piuttosto che stranieri, che spesso non conoscono il valore associato alle IG.
Si sottolinea anche il grande interesse emerso verso i prodotti della transumanza, realizzati da aziende che ancora praticano questa tradizione antica: il 90% degli intervistati (italiani e stranieri) ha espresso il desiderio di assaggiarne uno. Nonostante l’assenza di una definizione ufficiale o di una tutela legale specifica, questi prodotti hanno suscitato grande curiosità e sembrano essere percepiti come “genuini” e “autentici”.
Un ostacolo emerso dallo studio è che la conoscenza di un prodotto certificato come DOP o IGP non garantisce automaticamente l’interesse dei turisti, specialmente se stranieri, a visitare le zone rurali di produzione nonostante – in risposta alla domanda ”Cosa ti invoglierebbe a visitare un luogo di produzione di alimenti tradizionali?” – le motivazioni più frequenti riguardino la fama, la reputazione, l’unicità e la qualità del prodotto. L’abbinamento di una visita in azienda agricola ad un’attività complementare, come un festival, un corso di cucina, un’escursione o un giro in e-bike, ha incrementato l’interesse a visitare un’azienda: l’81,4% dei “foodies” (rispetto al 74,4%) e il 63% (rispetto al 53,7%) dei “moderatamente interessati al cibo” ha espresso la propria disponibilità a valutare una visita con degustazione in azienda se fosse associata ad un’altra esperienza. Queste risposte evidenziano la necessità di co-creare un’offerta turistica territoriale attrattiva e completa, costruita tramite una collaborazione strategica tra vari stakeholders sul territorio.
In risposta alle domande sulla sostenibilità, l’85% degli italiani e il 68,9% degli stranieri hanno espresso una preferenza per aziende agricole che adottano pratiche sostenibili, ma al contempo il 24% delle persone ha specificato che ci sono altri fattori che considerano più importanti della sostenibilità. Tra le diverse aree di sostenibilità, il benessere animale si è distinto come la priorità principale per il 46% degli intervistati, soprattutto per i turisti stranieri. Questo crescente interesse potrebbe diventare un vantaggio per le PMI che utilizzano dei sistemi di allevamento rispettosi del benessere animale. Il benessere animale potrebbe far parte di una strategia di differenziazione e marketing aziendale, attirando sia i consumatori che i turisti sensibili a questi argomenti. Ulteriori ricerche sarebbero necessarie per comprendere la disponibilità dei clienti a pagare un prezzo premium per prodotti tradizionali realizzati in linea con questi principi.
Conclusioni
La Toscana, rinomata per il suo patrimonio artistico, ha visto emergere l’enogastronomia come un potente fattore di attrazione turistica. L’elevato interesse per il cibo autentico, rinomato e gustoso può essere valorizzato attraverso iniziative che celebrano i prodotti locali e promuovono le aree rurali. Il turismo rurale ed esperienziale basato sui prodotti d’eccellenza rappresenta un’importante opportunità di crescita sostenibile e inclusiva per le aziende agricole, offrendo nuovi canali di vendita e di reddito.
La strategia di promozione dei prodotti d’eccellenza rurali, tra cui i prodotti DOP e IGP, dovrebbe prendere in considerazione il divario di conoscenze tra visitatori italiani e stranieri su questa materia. Una strategia di marketing articolata potrebbe essere necessaria per compensare la mancanza di conoscenze, sottolineando l’unicità territoriale, l’autenticità, il gusto, e l’alta qualità dei prodotti locali. L’analisi qualitativa delle risposte codificate emerse dallo studio evidenzia l’importanza che i visitatori attribuiscono soprattutto al sapore, alla fama, all’esclusività e alla reputazione di un cibo. Ulteriori ricerche sono necessarie per identificare i modi più efficaci per comunicare la qualità di un prodotto DOP o IGP ai potenziali turisti, creando un brand chiaro e inconfondibile.
Una seconda sfida consiste nel trasformare l’interesse verso un prodotto, in un viaggio nella sua zona di produzione, promuovendo il turismo locale. I dati suggerisco no la necessità di un’offerta turistica completa che includa attrazioni complementari al prodotto stesso. Inoltre, sarebbe fondamentale differenziare questa offerta per distinguerla dall’offerta enogastronomica “standard” già presente nelle mete turistiche più gettonate in regione. Emulare le proposte consolidate di altre destinazioni rinomate potrebbe rivelarsi inefficace per le zone rurali, soprattutto quelle che non corrispondono all’immagine ”classica” della Toscana. Al contrario, puntare sulla differenziazione attraverso esperienze autentiche e tipiche legate al territorio offrirebbe maggiori prospettive, attraendo segmenti di visitatori che cercano genuinità e una connessione con le comunità locali.
Infine, lo studio evidenzia il potenziale di un’offerta sinergica tra vari stakeholders locali per la promozione dei prodotti tradizionali e del territorio stesso. Tale approccio si allinea al Piano Strategico del Turismo 2023-27, che sottolinea la necessità di “favorire gli investimenti nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio enogastronomico, delle sue produzioni di eccellenza, dei suoi paesaggi, degli artigiani e dei luoghi storici del gusto, preservandone le espressioni identitarie quali, ad esempio, la Cucina Italiana e la Dieta Mediterranea”.
Titolo
How Can Traditional Products (PDO, PGI, TAP, Transhumance) Contribute to the Development of Sustainable and Inclusive Destinations in Rural Tuscany
Autore
Ariela Bankier
Fonte
tesi del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali, Università di Pisa https://etd.adm.unipi.it/theses/available/etd-01092024-091751/
Abstract
Mentre alcune aree della Toscana centrale attirano un gran numero di turisti ogni anno, le aree rurali, soprattutto nella Toscana settentrionale, faticano ad attirare la stessa quantità di attenzione. I prodotti alimentari tradizionali e quelli recanti Indicazioni Geografiche (IG), tra cui la Denominazione di Origine Protetta (DOP), l’Indicazione Geografica Protetta (IGP), i Prodotti Agricoli Tradizionali (TAP) e i prodotti della transumanza, hanno il potenziale per trasformare le aree rurali e attrarre sia e visitatori stranieri, promuovendo al contempo un ecosistema turistico sostenibile e inclusivo. Lo scopo di questo lavoro è analizzare il grado in cui i turisti comprendono il significato del sistema di certificazione IG; valutare il livello di interesse per i prodotti alimentari tradizionali e se possano fungere da potenziale fattore di attrazione; e valutare possibili strategie per attirare visitatori e promuovere i prodotti agroalimentari locali contribuendo allo stesso tempo all’economia locale. Applicando la tecnica della codifica a 100 interviste semi-strutturate condotte con intervistati italiani e stranieri in tutta la Toscana, questo studio evidenzia i principali temi e le opinioni sottostanti che influenzano le loro scelte. I risultati mostrano che i turisti stranieri hanno meno familiarità con gli alimenti IG; che le attività combinate possono potenzialmente aumentare il numero di turisti che visitano un’area rurale dove vengono prodotti cibi tradizionali; e che i turisti abbiano un’opinione favorevole delle aziende agricole che producono cibo in modo sostenibile e sottolineino l’importanza di preservare le tradizioni locali e il benessere degli animali.
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A cura della redazione
Fonte: Consortium 2024_02