Al ristorante ordini una bottiglia di Ovada DOP, può essere più corposo o fresco al palato, vinificato un anno in botte d’acciaio oppure quattro anni in legno.
Dipende dalle scelte del produttore, che nel rispetto del disciplinare di produzione si basa sulle curve di maturazione e su pratiche di vinificazione tradizionali tramandate di generazione in generazione, ma non sempre sono conseguenti alle caratteristiche dell’uva. È noto che l`uva Dolcetto è ricca di polifenoli, antociani, tannini, ma questi valori sono variabili, differenti in base al terreno e al microclima.
«La conoscenza scientifica dell’uva e del vino che produciamo, ci renderà più consapevoli delle potenzialità che abbiamo», hanno spiegato Daniele Oddone e Italo Danielli, presidente e past president del Consorzio di Tutela dell’Ovada DOCG, che nel 2020 ha commissionato all’Università di Torino e alla Fondazione Agrion lo studio per la caratterizzazione delle uve Dolcetto.
Collaborano 15 aziende che hanno fornito campioni di uve da tutto l’Ovadese. Nel 2021 la ricerca è continuata e in più sette di queste aziende hanno portato a Torino 100 chili d’uva per vinificare, separando le bucce e i vinaccioli. All’Enoteca regionale di Ovada sono stati presentati i risultati dei primi due anni di ricerca, con degustazione delle microvinificazioni. Il progetto continuerà nella prossima vendemmia, al via tra 10 giorni, e terminerà nel 2023 con alcune indicazioni peri produttori.
«Lo studio evidenzia che il Dolcetto nell’Ovadese ha un comportamento fenolico differente rispetto alle Langhe e ad altre zone, tra i vari fattori anche la vicinanza al mare – afferma il professor Vincenzo Gerbi – c’è differenza anche all’interno della stessa DOCG di Ovada, infatti abbiamo individuato tre macro aree». La principale formata da Ovada e Comuni confinanti, Cremolino e Tagliolo, l`area più a nord da Ovada fino a Capriata d’Orba e Carpeneto, una terza area a Bosio, che si estende da Ovada verso l’Appennino.
«La tradizione è importante ma è necessario innovare», dice il sindaco Paolo Lantero. Utile per resistere ai cambiamenti. «Sono stati anni difficili per il clima sempre più caldo e asciutto, ma forse è meglio così perché la tendenza sarà questa».
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Fonte: Il Secolo XIX