Vale oltre un miliardo l’industria della trasformazione agroalimentare in Toscana. Prosciutto Toscano DOP, Pecorino Toscano DOP, Olio Toscano IGP, Cantucci Toscani IGP e Finocchiona IGP i cinque prodotti che rappresentano l’80% del valore alla produzione delle Indicazioni Geografiche della regione.
Appartengono ai comparti che hanno maggior peso sulla produzione regionale per un valore di oltre 150 milioni di euro. Questi i numeri emersi dal convegno “Un new deal per la Toscana delle Indicazioni Geografiche”, in occasione della terza edizione di BuyFood Toscana 2021: è emersa la leadership della Toscana per numero di denominazioni e per superficie coltivata certificata. Fondamentale il ruolo giocato dai consorzi DOP e IGP. Sono 89 i prodotti DOP e IGP made in Tuscany, di cui 31 esclusivamente legati al food.
La Toscana ha avviato il percorso della qualità certificata nel 1996 ed è stata tra le prime regioni in Italia. Tra i consorzi a vantare la più lunga tradizione: il Prosciutto Toscano DOP, il Farro della Garfagnana IGP, il Marrone del Mugello IGP e il Pecorino Toscano DOP con oltre 25 anni di esperienza alle spalle. Le IG agroalimentari che trainano l’export sono l’Olio Toscano IGP e proprio il Prosciutto Toscano DOP: il 39% delle produzioni DOP e IGP vola verso gli Stati Uniti, il 27% in Germania, l’11% verso il Regno Unito, il 5% in Canada e 2% nei Paesi Bassi.
La necessità di trovare un punto di equilibrio tra i prodotti a indicazione geografica e la cultura alimentare dei territori è una delle sfide future accanto ai temi della sostenibilità e dell’innovazione come sottolineato da Mauro Rosati, direttore di Fondazione Qualivita nel convegno sul New Deal per la Toscana delle Indicazioni Geografiche. “Il tema della valorizzazione delle IG è strategico per il New Green Deal e per la nuova PAC. La Toscana deve cogliere le opportunità di sviluppo offerte al settore agroalimentare, è portare i criteri di sostenibilità, benessere e qualità nutrizionali dentro le filiere, facendo lavorare insieme le 19 mila imprese toscane della rete IG con il supporto fondamentale dei 32 Consorzi di tutela” ha spiegato Rosati.
Fondamentale il ruolo chiamato a giocare dai Consorzi: da qui la necessità di “modifiche dei disciplinari che integrino al loro interno risposte alla istanze di sostenibilità dei processi e di qualità nutrizionali dei prodotti chiesti oggi da mercato, Unione Europea. Questo cambiamento interessa tutti gli attori della filiera: la produzione agricola, la trasformazione, lo stoccaggio e quindi la logistica e il trasporto” ha sottolineato Rosati. E’ importante però che venga garantito un compenso adeguato per tutti i protagonisti della filiera. Il direttore di Qualivita ha fatto l’esempio della Cinta Senese, tra i prodotti più richiesti: eppure gli allevatori non sono remunerati in modo sufficiente mentre ai trasformatori vanno ottimi guadagni.
“Bisogna spingere e incentivare i Consorzi ad essere più presenti nel cuore dei territori di provenienza per creare un virtuoso processo di identificazione – ha sostenuto Rosati – Dal centro storico di Siena è sparita ogni traccia del ricciarello e del panforte, non c’è un forno. Non c’è un segno di riconoscibilità e identificazione tra prodotto e territorio. Occorre che i Consorzi investano in iniziative di comunicazione”. Ultimo obiettivo da centrare la solidarietà tra filiere. “Vanno creati tra loro – ha concluso Rosati – meccanismi di collaborazione che, in un’ottica di sistema Toscana, permettano di compensare il maggior tasso inquinante di alcune filiere in termini di emissioni di Co2, come ad esempio la produzione del prosciutto o dei dolci, con la maggiore sostenibilità di altre filiere come quelle dell’olio e delle castagne, pensando anche ad iniziative compensative di forestazione”.
Fonte: www.intoscana.it