L’Unità
Nei nuovi mercati digitali Italia e Europa hanno bisogno di valide strategie per tutelare l’agricoltura il diffondersi degli investimenti dei giganti della rete sulle piattaforme di e-commerce, a livello nazionale e internazionale, il tema del commercio elettronico investe con sempre più forza il mondo dell’agroalimentare. Considerando il patrimonio di settore del nostro Paese non possiamo continuare ad affrontare l’argomento in maniera debole o discontinua, serve programmare una strategia digitale di lungo periodo che sia efficace su più fronti. In questa prima fase è possibile individuarne tre: la tutela dei prodotti, in particolare delle denominazioni d’origine, e delle aziende nel mondo digitale; la diffusione di informazioni corrette; la regolamentazione delle dinamiche dell’e-commerce. Sul piano della tutela spesso si ha l’impressione che gli sforzi fatti sul campo dalle nostre eccellenze territoriali siano vanificati sulla rete con un singolo colpo di mouse.
Basti per tutti il caso del Gorgonzola DOP che sugli scaffali virtuali del colosso mondiale Amazon Fresh vede comparire tranquillamente prodotti similari chiamati con lo stesso nome. Anche sul piano della promozione c’è molto da fare, l’idea di una marchio unico del made in con un sistema informativo coerente potrebbe essere una risposta importante. Sul fronte e-commerce la questione è sicuramente più complessa, ma un buon punto di partenza sarebbe l’avvio di una concertazione sulle politiche distributive con i grandi player affinché anche piccole e medie aziende possano essere competitive. Basta ricordare il nostro gap sulla mancanza di una GDO (Grande Distribuzione Organizzata) italiana capace di essere presente all’estero con volumi importanti. Il tema delle PMI agricole che rischiano di essere schiacciate dai colossi digitali dovrebbe essere tenuto particolarmente in considerazione perché, se non gestito adeguatamente, rischia di provocare difficoltà nel medio lungo periodo. In questa direzione alcune istituzioni politiche, fino ad adesso, qualche passo lo hanno pure mosso, ma senza un vero progetto politico strategico. Si è visto, in sostanza, che la direzione è quella giusta. Penso al presidente Comagri Paolo De Castro quando ha sensibilizzato insieme al ministro Maurizio Martina il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz affinché scrivesse all’Icann (InternetCorporationforA.ssignedNamesandNumber.s) sul tema, ormai noto, della liberalizzazione dei domini internet. Ma penso anche agli accordi che il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha chiuso prima con Google per aprire una vetrina del vero made in Italy agroalimentare e, poi, con la piattaforma online Ebay per tutelare e valorizzare le produzioni DOP e IGP. Ottimi segnali di cambiamento e di nuove sensibilità politiche che, però, hanno bisogno di un progetto politico generale sul tema del digitale affinché si possa garantire la giusta continuità. In Italia nonostante il tentativo iniziale del governo Letta di dotarsi di uno strumento come l’Agenda digitale, si è trascurato il tema della tutela delle Indicazioni Geografiche italiane nella Rete. Una delle cause che ha reso difficile la realizzazione di atti concreti per la salvaguardia dell’agroalimentare online è che il tema sia sempre stato trattato solo come una questione tecnologica. Prendendo spunto dalla storia dell’Icann dei domini web, potremmo dire che fino ad adesso è stato pane esclusivo per ingegneri informatici, per tecnici, piuttosto che per il mondo produttivo. In realtà, con l’espansione dei mercati, con le liberalizzazioni dei domini web, si arriva sul piano commerciale andando a toccare asset sostanziosi come quello del food e del orine. Una questione davvero non più eludibile anche alla luce di due ulteriori aspetti. Il primo rigurda i dati di vendita, i cosiddetti web shopper in crescita in tutta Europa: nel 2012 un miliardo di e-shoppers nel mondo hanno speso 900 miliardi di euro. Il secondo riguarda gli obiettivi da raggiungere per lo sviluppo del nostro sistema agroalimentare. Come ha giustamente affermato il premier Renzi a Vinitaly, uno dei punti chiave è la crescita dell’export: è necessario aumentare quello del vino del 50%, passando dagli attuali 5 miliardi a 7 e mezzo e quello del cibo dove, entro il 2020, serve arrivare a 50 miliardi di curo dagli attuali 33. Senza una programmazione politica ed economica nel mondo digitale che sia coerente e che venga condivisa da una larga parte degli stakeholderdell’agroalimentare italiano, questi risultati sono quasi impossibili da raggiungere. Per partire col piede giusto sotto quest’ottica, credo che questo governo possa fare molto, non solo per le sensibilità già dimostrate, ma anche per l’opportunità che ha con il semestre europeo. Fondare una politica digitale agricola europea sarebbe un buon modo per dare credibilità alla Europa.