Mercoledì 13 dicembre, al palacongressi di Riccione, sono convocati gli Stati generali della piadina romagnola, un momento di incontro del settore per analizzare il presente e programmare il futuro. Fra gli interventi in programma, anche quello di Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita e Consigliere del Ministro Maurizio Martina per le politiche di valorizzazione e tutela dei prodotti agroalimentari.
I NUMERI DELLA PIADINA. In base ai dati del Consorzio di tutela e promozione della Piadina Romagnola IGP oggi una piada su tre ha la certificazione IGP e il 77 % viene da Rimini. 22 produttori, di cui 6 chioschi e un ristorante, per 452 addetti, con l’indotto (fra produttori di macchinari e teglie) si arriva a 2.000 lavoratori. Il fatturato della sola Piadina Romagnola IGP è 30 milioni. Dal 2013 ne sono state prodotte 30mila tonnellate. Ma c’è un dato che sottolinea la crescita esponenziale: nel 2014 la produzione era pari a 6.768 tonnellate, nel 2016 arriverà a 12.100 tonnellate (+20 % sul 2015).
OBIETTIVO EXPORT. Forte di questi numeri, la Piadina Romagnola IGP è pronta per il grande lancio verso l’estero: Europa (Francia e Germania in testa), poi gli Stati Uniti. Qualche settimana fa, una delegazione del Consorzio guidata dallo chef numero uno al mondo Massimo Bottura, è stata a New York alla Settimana della cucina italiana nel mondo. E l’accoglienza è stata grandiosa. «Un fantastico trampolino di lancio per noi e per la Romagna intera» chiarisce il presidente del Consorzio Elio Simoni. «Gli Usa sono pronti. Ci sono praterie sterminate da conquistare e servono i cavalli giusti per correre» aggiunge il direttore Paolo Migani
BATTAGLIA LEGALE PER L’IGP. Il Consorzio si è battuto anni per ottenere la certificazione IGP: ci è riuscito nel 2014 depositando il marchio Piadina Romagnola IGP / Piada Romagnola IGP che oltre a un preciso disciplinare gastronomico prevede che le ditte affiliate abbiano l’intera produzione in Romagna. Dettami che hanno aperto un contenzioso contro una grossa industria di Modena che si è rivolta prima al Tar e poi al Consiglio di Stato ricevendo risposta negativa. Ora il caso è alla Corte europea dove il Consorzio conta di strappare l’ultimo sì.
Fonte: Corriere Romagna