«Se dovesse arrivare lo stop all’export di prosciutti e salami da parte di paesi come Gran Bretagna o gli Stati Uniti, saranno guai seri. Con perdite dell’export del15-18%, sarà a rischio la sopravvivenza degli stessi allevamenti suini italiani».
È preoccupato Maurizio Gallo, direttore dell’Associazione nazionale allevatori suini (Anas): da quando, il 7 di gennaio, è stato segnalato il primo caso di peste suina africana in un cinghiale della zona di Ovada, in provincia di Alessandria, pesanti ripercussioni si sono già abbattute sul comparto produttivo. Cina, Giappone, Taiwan e Kuwait hanno già disposto la sospensione delle importazioni di carne di maiale e di insaccati italiani: già questo, secondo le stime di Assica, è abbastanza per far perdere al nostro Paese 20 milioni di euro di export al mese. Tra salumi – che sono la maggior parte – e carne di maiale non lavorata, l’Italia esporta ogni anno 1,6 miliardi di euro. Se le preoccupazioni sanitarie porteranno altri Paesi a stabilire il blocco delle importazioni, la fetta di fatturato che verrebbe a mancare al settore sarebbe più ampia.
La peste suina africana, è bene dirlo, non è una malattia che si trasmette all’uomo. Si trasmette però tra cinghiali e maiali, quindi può colpire gli allevamenti: insaccati e carni possono diventare un veicolo di trasmissione nella misura in cui i loro scarti entrano nell’alimentazione di altri maiali. Ad oggi, in Italia, i casi di cinghiali malati identificati sono solo tre: un numero in sé irrisorio, certo, ma abbastanza per aver fatto scattare nelle autorità sanitarie l’istituzione di una zona rossa a cavallo tra le province di Alessandria, Genova e Savona. Come funziona? «Significa che dall’area individuata non possono uscire nè animali vivi né insaccati – spiega Davide Calderone, direttore di Assica – chi ha un allevamento o un salumificio in questa zona, di fatto non può operare. Si tratta, peraltro, di un provvedimento riconosciuto dalla normativa europea: chi produce in queste zone non solo non può vendere in Italia, ma nemmeno negli altri Stati membri della Ue».
Fonte: Il Sole 24 Ore