La rinascita del settore peschicolo veronese passa anche dalla revisione del disciplinare della Pesca di Verona IGP. In 20 anni, la superficie investita si è ridotta di oltre 3000 ettari, mentre la produzione è calata di circa 65mila quintali tra pesche e nettarine per una PLV (produzione lorda vendibile) di oltre 40milioni di euro. Oggi gli ettari coltivati a pesche e nettarine nella provincia scaligera sono poco più di 1200.
Diverse le cause che hanno portalo alla riduzione della peschicoltura veronese: il virus sharka (Plum pox virus) che ha colpito le colture della provincia veronese da fine 1990 in poi causando ingenti damii, il cambiamento dei gusti dei consumatori, la produzione di kiwi che ha sostituito in certi territori le pesche, la concorrenza con il Sud Italia e i paesi stranieri, specie la Spagna.
«Per ridare slancio alla coltivazione di pesche e nettarine della provincia veronese, che è la prima produttrice nella Regione Veneto, – evidenzia il direttore di Coldiretti Verona. Giuseppe Ruffini – abbiamo organizzalo un gruppo di lavoro costituito da esperti e produttori per adeguare il disciplinare della Pesca di Verona IGP che ha ormai 25 anni e adattarlo alle mutate esigenze del mercato e ai gusti dei consumatori. La peschicoltura è una coltura tradizionale del territorio scaligero e deve essere tutelata ma anche modernizzata per essere sostenibile e remunerativa per i produttori».
Il Veneto, secondo l’annuale Rapporto Ismea-Qualivita 2021, che analizza i valori economici e produttivi della qualità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP IGP STG, è la prima regione italiana a impatto economico per Indicazioni geografiche con un valore generato di 3,70 miliardi di euro. Verona, secondo l’indagine, è la terza provincia italiana (dopo Treviso c Panna) con un impatto economico IG di 1,2 miliardi di curo.
Fonte: L’Altro Giornale